Bry Webb
Provider
[Idee Fixe/ Audioglobe
2012]

harbourcoats.ca
ideefixerecords.com

File Under: indie folk

di Fabio Cerbone (17/01/2013)

Già alla guida dei canadesi The Costantines, band che ha strappato un contratto con la Sub Pop (tre dischi in tutto nello scorso decennio) navigando per anni nel grande mare dell'alt-rock internazionale, Bry Webb ha messo in soffitta i vecchi compagni, dedicandosi ad una nuova carriera solista. La stessa che segue quella di padre e marito, in un cambio di rotta che ha portato responsabilità e riflessione: una nuova casa nel tepore della provincia, nella nativa Guelph, lontano dal frastuono di Montreal; un lavoro a tempo pieno nella comunità, gestendo la programmazione della locale stazione radio, qualche apparizione al fianco di affermati colleghi (un duetto con Feist nel più recente Metals).

Temi e situazioni che si riflettono nel suono scarno e minimalista di questo Provider, presentato in una intrigante confezione cartonata ed edito originariamente in patria nel 2011. Nove ballate ridotte al sussurro, malinconiche come i cieli dell'Ontario da cui proviene Webb, in buona parte sorrette da chitarra e voce, con un leggero contorno offerto dalla pedal steel di Mike Brooks e dalla gemella lap steel di Rich Bennett. Sono l'unico contraltare - con l'eccezione del contrabasso ossuto di Tyler belluz - ai gentili mormorii di Bry Webb, che diviso fra una porta chiusa (quella dei Costantines e dell'art punk nervoso del passato) e una aperta (l'incerto futuro da folksinger) raccoglie liriche spezzate, versi introspettivi e piccole gioie di vita, chiedendo un grande sforzo di concentrazione all'ascoltatore.

Cadiamo facilmente nel campo dell'indie folk più rabbuiato e intimista di queste stagioni, guardando a maestri quali Bonnie Prince Billy e Jason Molina, ma con una cifra stilistica personale, che ad esempio permette a Webb di amoreggiare con una lontana eco soul in Asa e di ripassare con originalità le coordinate della ballata country folk più rurale in Rivers of Gold e Zebra, vertici della poetica raccolta dell'album. Certo il sacrificio richiesto supera a volte il lecito, nella totale assenza di sussulti e variazioni: un tappeto di fiati (Colin Stetson) ammanta Undertaker, impalpabili cori accompagnano la litania di Get You Up in Peace, mentre una primitiva ritmica scandisce il timbro sinistro di Ex-Punks, tra i momenti più stranianti del disco. Sono comunque deviazioni di percorso contenute, che non intaccano la scorza asciutta, irreprensibile di Provider, lavoro che scivola inesorabilmente nelle cadenze solitarie di Persistent Spirit e Lowlife, melodie che nascondono fragilità e una qualche forma di incompiuta di bellezza, ma che avremmo forse voluto osservare crescere, schiudersi insomma in canzoni più compiute e forti. Il tempo maturerà forse al prossimo giro.


   


<Credits>