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Vari 1/2 Prima premessa: sicuramente i fans
della Band avranno già provveduto ad acquistare il cd in questione quando leggeranno
questa recensione. Seconda premessa: anche gli accesi fans dei tanti e importanti
nomi qui coinvolti avranno già provveduto a recuperare il brano inedito dei loro
beniamini. Ovvio quindi rivolgersi soprattutto a quei tanti appassionati che si
stanno chiedendo se vale la pena sborsare i propri soldi per una serie di canzoni
che fanno parte del proprio Dna da tempo (e qui arriva la terza ed ultima premessa:
i soldi in fondo non saranno buttati via!). I tribute-album, fenomeno discografico
nato sul finire degli anni ottanta e dilagato a dismisura nei novanta, devono
essere rimasti uno dei pochi prodotti di nicchia con un certo numero di vendite
se è vero che la moda non è mai scemata nel tempo. Primo progetto dedicato alla
Band, Endless Highway va dunque a colmare uno strano vuoto, ancora
più evidente se si considera quanto poco "coperte" sono state molte di queste
canzoni (a parte ovviamente The Weight) nel corso degli anni rispetto, ad esempio,
a quante rivisitazioni esistono del songbook dei Byrds o dei Creedence Clearwater
Revival, i gruppi storici che insieme alla Band hanno praticamente scritto l'ABC
del suono roots-rock. La cosa in fondo non sorprende più di tanto, il songwriting
di Robbie Robertson era più complicato e non aveva quell'"appeal" melodico
che rendeva i pezzi di Fogerty o McGuinn & Co. anche dei successi popolari d'alta
hit parade. Endless Highway evidenzia bene questa difficoltà, presentando alcune
coraggiose "mission impossible" affidate ad artisti con spalle abbastanza larghe
per poter rischiare fischi e fiaschi. Come spesso succede in questi casi si finisce
sempre un po' a fare la lista dei buoni e dei cattivi, non senza una buona dose
di personale arbitrarietà. Qui direi che le colonne sulla lavagna sono tre: la
classe di quelli che ne escono alla grande, quella di chi si merita un "grazie,
ma sarà per la prossima volta…" e quella, in questo caso ben più numerosa, di
quelli che "non rischiano" e si sono limitati a ricalcare l'originale nota dopo
nota. Alla prima classe appartengono sicuramente la splendida
King Harvest offerta da Bruce Hornsby, uno che da vent'anni
ci promette un bel disco che non arriva mai, ma che dimostra ancora una volta
di essere musicista ed interprete di spessore. Altra menzione d'onore ai Widespread
Panic, come al solito a loro agio con materiale altrui, che si fanno aiutare
dai fiati per una convincente Chest Fever,
sicuramente il compito più arduo dell'intera raccolta. Altre versioni di nota
sono l'intelligente release di Whispering Pines di
Jacob Dylan, furbo nel non tentare l'impossibile falsetto dell'originale,
e la rilettura country-soul di Unfaithful Servant offerta
da Rosanne Cash. A mio parere falliscono invece gli artisti che hanno tentato
una lettura cantautoriale dei brani , come la Stage Fright
di Steve Reynolds, la Look Out Cleveland
di Jackie Greene, per non parlare dell'unico brano veramente
da dimenticare del cd, la scialba versione di I Shall
Be Released di Jack Johnson, brano già difficile di suo perché fortemente
tendente all' insopportabile nenia, trappola in cui l'inesperto Jack cade senza
scampo. Poche emozioni anche dalla The Weight
di Lee Ann Womack, che tenta senza troppo riuscirci di rimanere in bilico
tra le versioni soul di Aretha Franklin e Staple Singers e un canto strascicato
da country-girl-singer che finisce per stridere con il ritmo della canzone. Il
resto è pura accademia, con i My Morning Jacket che riescono a rifare It
makes No Difference tale e quale l'originale (impresa comunque non
per tutti…ma è stata registrata negli studios di Woodstock di Levon Helm, partivano
avvantaggiati!), le Roches che sottolineano il tono cajun di Acadian
Driftwood già evidente in origine o la godibile rilettura country di
When I paint My Masterpiece di Josh Turner.
Non sfigurano, ma potevano fare meglio, i Blues Traveler con Rag
Mama Rag, versione che impallidisce a confronto con quelle sentite
in questi anni dai Little Feat o da Springsteen in alcune date del recente tour,
i poco convinti Gomez alle prese con Up On Cripple
Creek, e la una live version nella norma di The
Night They Drove Old Dixie Down dell'Allman Brothers Band. Un
ultima doverosa annotazione: dalle 17 canzoni del cd sono state tagliate alcune
ottime bonus tracks che consiglio vivamente di recuperare: mancano infatti all'appello
la splendida Bessie Smith offerta da Joe
Henry, la convincente The Shape I'm In
dei Gov't Mule, la sgangherata Ain't No More Cane
dei North Mississippi All-Stars con John Hiatt e la sofferta Don't
Do It di Steve Forbert, più altre curiosità. Per informazioni
su dove reperirle vi rinviamo al sito ufficiale: www.429records.com/endlesshighway
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