Quando nel 2020 Dave Alvin (The Blasters, prima
di una carriera solista di peso notevole) ha annunciato la
formazione di una band di rock psichedelico che intendeva
operare con le stesse modalità usate da Miles Davis per la
registrazione degli storici album elettrici di fusion Bitches
Brew e Jack Johnson, in pratica radunando ottimi
musicisti in uno studio, scegliendo una chiave e un groove
e registrando dal vivo per qualche giorno, per gli appassionati
di questo genere per un momento è stato come tornare alla
West Coast della seconda metà degli anni Sessanta, all’epoca
dei primi Grateful Dead o dei Quicksilver Messenger Service.
Dave ha chiamato il bassista Victor Krummenacher (Camper Van
Beethoven, Cracker), il chitarrista e tastierista Dave Immergluck
(Counting Crows), il batterista Michael Jerome (John Cale,
Richard Thompson, Charlie Musselwhite) e come ospite in un
brano la cantante Jesse Sykes (leader di The Sweet Hereafter);
insieme hanno inciso l’omonimo
brillante esordio pubblicato agli inizi della pandemia,
che ha impedito l’esordio sul palco della formazione. Due
anni dopo sono tornati in studio per registrare Third
Mind 2, uscito nel 2023 in contemporanea con l’atteso
esordio al festival Strictly Bluegrass di San Francisco. Nel
frattempo, Jesse è entrata a far parte a pieno titolo del
gruppo, che nelle prime date americane si è presentato con
Marc Karan (Rat Dog, Phil Lesh) alla seconda chitarra e l’ospite
Willie Aron alle tastiere.
Per una formazione del genere un disco dal vivo è inevitabile:
Live Mind, registrato a Los Angeles e Ventura
nel febbraio 2024 e a Dallas qualche settimana dopo comprende
cinque tracce dai due album in studio e due inediti, scorrendo
con una certa fluidità, ma lasciando qualche dubbio. Se la
partenza di Sally Go Round The Roses
(singolo delle Jaynetts ripreso da Pentangle e
Great Society) è perfetta con la sua ipnotica melodia folk,
la voce sussurrata di Jesse e le chitarre psichedeliche che
si aprono in un paio di assoli notevoli, la ripresa della
sognante ballata Doralee da Reckless Burning degli
Sweet Hereafter sembra ridursi a un omaggio a Jesse ricalcando
la versione originale. Ci pensano
Groovin’ Is Easy, il soul-blues degli Electric
Flag trasformato in un’efficace jam psichedelica e la magnifica
Morning Dew, il brano
folk di Dobbie Dobson ricreato seguendo la versione dei Grateful
Dead, a mostrare il lato migliore del gruppo, con il piano
di Aron che affianca le affilate chitarre di Dave e Marc.
La parte centrale del disco è occupata dal travolgente strumentale
East West, cover del brano
della Butterfield Blues Band scritto da Mick Bloomfield e
Nick Gravenites e ispirato dal jazz di Miles Davis con qualche
influenza orientale, in cui le chitarre, il piano e l’armonica
dell’ospite Jack Rudy sono protagoniste di una cavalcata esaltante,
con l’apporto di una sezione ritmica mossa ed efficace. Questa
versione è decisamente valida, ma paradossalmente sembra frenata
rispetto a quella in studio dell’album d’esordio. Per scaricare
la tensione ci vuole una ballata come A Little Bit Of Rain
(Fred Neil), cantata da Jesse, che sfuma con un passaggio
esemplare in Dark Star, l’immortale brano dei Grateful
Dead, del quale vengono riprese l’introduzione e la prima
strofa solo strumentale, quasi a chiudere un cerchio di esperienza
psichedelica. Scelta coraggiosa, ma forse sarebbe stato meglio
non limitarsi a poco più di tre minuti, considerando che il
disco dura poco più di 60’.
In conclusione, Live Mind riafferma le capacità di
improvvisare del quintetto, ma sembra valorizzarle solo in
parte, lasciando alla fine l’impressione di un’occasione non
del tutto sfruttata.