Joan Osborne
Songs of Bob Dylan
[Womanly Hips/ Goodfellas 2017]

joanosborne.com

File Under: songs of a Nobel price

di Davide Albini (15/09/2017)

Ho la sensazione che dovremo presto abituarci a una lunga serie di omaggi a mr. Bob Dylan, fresco premio Nobel per la letteratura, che ha così ulteriormente aumentato il fascino della sua figura e la potenza delle sue canzoni. Non che sia una novità assoluta: il songbook di Dylan è senza ombra di dubbio uno dei più saccheggiati, riveriti, analizzati da qualsiasi musicista ai quattro angoli del globo, figuriamoci nella cerchia dei songwriter e degli interpreti americani, magari quelli più legati alla tradizione folk rock.

Non abbiamo fatto in tempo ad assimilare il recente tributo di Willie Nile in chiave elettrica, che spunta la voce di Joan Osborne a dare la sua personale versione del canzoniere dylaniano. E la differenza si sente, aggiungo io, perché mi perdoni il buon Willie, per il quale proviamo un sacco di affetto, ma la classe degli arrangiamenti e l'interpretazione messi in campo da Joan insieme alla sua band è di ben altra categoria, rendendo questo Songs of Bob Dylan (titolo semplice, dritti al punto) una scommessa vinta e una curiosità per una volta tanto non così inutile come possono apparire spesso i cosiddetti tribute album. La riuscita dell'operazione probabilmente sta nel fatto che Joan Osborne - duttile cantante dalle profonde radici soul e folk, che molti ricordiamo per il successo internazionale di One of Us, brano dal suo esordio Relish del 1995 - ha rodato questi brani dal vivo, in uno spettacolo tenutosi al "Cafe Carlyle" di New York per due settimane consecutive insieme al chitarrista Jack Petruzzelli (Patti Smith, The Fab Faux) e al pianista Keith Cotton, elementi che costituiscono anche l'ossatrura principale del gruppo di studio che ha inciso Songs of Bob Dylan.

Gli arrangiamenti risaltano e balza in primo piano la cura con cui Joan ha riadattato queste canzoni, senza stravolgerle, a volte tenendosi più fedele all'originale (in genere capita nelle ballate), altre invece provando a sporcarle della sua sensibilità soul. Ricordiamoci infatti che la Osborne non ha mai nascosto le radici gospel e r&b alla base della sua educazione musicale (fatto evidente in Bring It On Home, disco del 2012 composto interamente di cover del genere) e qui le versioni di Rainy Day Women #12 & 35, tutta fremiti swamp e sudista nel ritmo, Highway 61 Revisited, rallentata e davvero sensuale nei suoi movimenti black, Spanish Harlem Incident, dal cuore gospel, Master of War e High Water (For Charley Patton), incalzante nell'incedere bluesy, sono tutti episodi che confermano questa impostazione. Ciò non toglie che vi siano passaggi più inclini all'acustico e alla matrice folk, come infatti avviene per Buckets of Rain, You Ain't Going Nowhere, impossibile da scindere dalla sua anima country, o la conclusiva, pianistica Ring Them Bells, molto rigorosa nel rispettare la forma musicale di partenza che propose Dylan in Time Out of Mind, mentre Tangled Up in Blue e Quinn the Eskimo (The Mighty Quinn) si collocano esattamente a metà strada, tra brillante folk rock e southern soul che ci riporta sulle strade di Memphis e di tanta musica americana degli anni settanta.

Difficile trovare un punto debole, pur fra l'alternanza di emozioni e di stili, perché è nell'insieme che questo Songs of Bob Dylan si fa apprezzare: senza la pretesa di sfidare l'intoccabile potenza degli originali, eppure senza nemmeno la soggezione di doverli riverire in maniera filologica, pescando in un repertorio vastissimo che presenta, come avrete intuito, classici assoluti del canone dylaniano, ma anche testimonianze più recenti della sua produzione.



    

 


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