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Nina Simone
The Montreaux Years
[Montreaux Media Ventures/ BMG 2021]

Sulla rete: montreuxjazzfestival.com

File Under: Nina live


di Gianni Del Savio (29/06/2021)

Le storiche esibizioni ad uno dei più famosi e importanti festival mondiali, ideato e diretto da Claude Nobs, nel ’67; ora la fondazione a suo nome pubblica le preziose registrazioni degli artisti che hanno partecipato, nei vari anni. Doppio cd - copertina frizzante e colorata (un po’ kitsch) -, con le sue performance, effettuate nel ’68 al Casino Kursaal, nel ’76, ’81, ‘87 e ’90 al Casino Montreux, per un totale di ventinove brani. E’ il secondo cd a proporre 14 registrazioni del suo esordio al festival, con un quintetto in cui c’è pure il fratello, Sam (organo, voce e percussioni), importante anche come sostegno affettivo, in anni difficili per lei, a livello personale. Col pubblico, Nina ha confidenza e determinazione, negli anni espresse in modo diverso; il repertorio è ispirato da vari generi e culture, con riferimenti più o meno espliciti alla classica, che continua ad appassionarla anche dopo la bocciatura alla Curtis Institute di Philadelphia (‘51): la propone in più occasioni, miscelandola, a volte con dolcezza, altre con “prepotenza”, fino a sfidare i gusti dei presenti.

Qui apre con la pungente, provocatoria Go To Hell, e poco più in là è la volta dell’emblematica, implorante Don’t Let Me Be Misunderstood (n.b. gli Animals l’hanno ripresa da lei, e non il contrario come farebbero supporre le pur brillanti note del libretto… confondendola forse con The House of the Rising Sun, presentata più avanti, il cui grande successo, anche qualitativo, arriva proprio da Eric Burdon & Co.). Da tempo impegnata nelle varie forme di protesta per i diritti civili, poco dopo l’assassinio di Martin Luther King e quello di Robert Kennedy, proprio in quell’anno, Nina propone pure brani di specifico significato e di forte impatto, quali Backlash Blues (scritta col grande Langston Hughes) e I Wish I Knew How it Would Feel to Be Free, in chiusura; la prima molto marcata anche pianisticamente, la seconda lenta, meditata. Ben sostenuta da applausi, dopo aver presentato il quartetto di strumentisti, la Simone passa dalla sofferta Ne me quitte pas (Brel), in francese, a classici di diverso riferimento e stile, quali Gin House Blues (Bessie Smith, ’26) e To Love Somebody dei Bee Gees (unico brano inciso anche in italiano: Così ti amo…). Da segnalare anche l’irresistibile ritmo afro di See-Line Woman e la solida Ain’t Got No, I Got Life (mix da Hair).

I Wish I Knew (How It Would Feel To Be Free)
(Live at Montreux, 1976)
Backlash Blues
(Live at Montreux, 1976)

Variabili, addirittura scarne, le formazioni che l’accompagnano nei successivi appuntamenti: qualche volta è sola, e ne approfitta per esibire l’arte pianistica, proprio anche con forti, irrinunciabili riferimenti “classici”. Il primo cd - quindici brani, dal ’76 al ’90 - che inizia, piano e voce, con la gemma gershwiniana Someone to Watch Over Me (unico brano dell’87), non rispetta la sequenza temporale, linea che invece qui seguiamo. Con bassista e batterista (non identificati), la Simone ripropone la “frustata militante” di Backlash Blues, e la poetica I Wish I Knew… mentre con Little Girl Blue, delicato standard, ritorna idealmente al suo esordio discografico. A precedere l’energetica e spettacolare African Mailman, arriva Stars - drammatica metafora del declino (anche) artistico, scritta dalla misconosciuta Janis Ian -, uno dei momenti più intensi e tesi della sua esibizione: nel filmato (rintracciabile in dvd o youtube, vedi di seguito), la vediamo al piano, iniziare a cantare; poco dopo, punta l’indice verso una ragazza, intimandole(!) di sedersi… poi riporta lentamente la mano sui tasti e riprende la sua splendida, intensa performance. Wow!

Unica registrazione dell’81 è Montreux Blues, omaggio a/con Claude Nobs all’armonica(!), mentre il pubblico accompagna divertito. La serata del ’90 - con Alvin Schackman (chitarra), suo fedelissimo amico, Paul Robinson (batteria) e Leopoldo Fleming (percussioni) -, ha una sequenza elettrizzante a partire dall’irresistibile See-Line Woman, per passare a Don’t Smoke in Bed e, tra gli altri, al capolavoro Four Women e a No Woman No Cry (lei ne annuncia l’omaggio, al grande Bob Marley). La chiusura, al tempo “inevitabile”: accompagnata da applausi continui, è l’attesa My Baby Just Cares for Me, hit che la riportò al clamoroso successo dell’87, e che lei a volte trascinerà verso partiture bachiane, festosamente o in atteggiamento di sfida; come se pensasse: “volete questo brano? Ecco che cosa ne faccio…”.
Esempi della miglior Nina Simone? Qui, in abbondanza e con sound impeccabile.

ps. Nel film “Adorabile Nemica” (“The Last Word”, 2017), Shirley MacLaine si propone come dj a una stazione radio e, a chi l’esamina, dice “… la domanda giusta è: "che metterebbe dopo Gin House Blues di Nina Simone?"”


    

 


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