Dennis Wilson
Pacific Ocean Blue Legacy Edition
[Sony Legacy 2CD 2008]



"Tutto ciò che sono o che mai sarò è scritto nella mia musica. Se desiderate conoscermi, non vi resta che ascoltare…". È la frase con la quale si chiude il booklet che accompagna questa attesissima ristampa, un disco rimasto troppo a lungo negli archivi che finalmente, a distanza di oltre trent'anni (era uscito il 16 settembre 1977), ritrova la porta di casa, quella del nostro cuore. Un capolavoro, questo è certo. Splendido, affascinante, inaspettato. All'epoca sorprese molti, ma presto cadde nel dimenticatoio, vittima illustre dell'oblio che assale i grandi, soprattutto quando grandi si rivelano senza preavviso, anche se il preavviso Dennis Wilson lo aveva dato, solo che nessuno se n'era accorto. Una vita sulla fast lane, la sua, un uomo straordinario, a detta di molti, generoso, altruista, sensibile, passionale, un retaggio di altri tempi, o forse di tempi mai visti. Il secondo dei fratelli Wilson non aveva mai goduto di molta visibilità all'interno dei Beach Boys, artisticamente parlando. Sembra anzi che la sua partecipazione alle sorti del gruppo fosse stata incoraggiata dai desideri della madre, che aveva spinto Brian e Carl a coinvolgerlo nel progetto affidandogli l'unico strumento rimasto scoperto, la batteria. E lui, nonostante le perplessità di molti, per non dire di tutti, ci aveva saputo fare, anche se durante le session di registrazione dei vari album veniva spesso sostituito da musicisti di nome, come se il suo non fosse all'altezza.

La storia che potremmo definire parallela inizia nel 1971, quando un incidente a una mano lo 'costringe' a dilettarsi con le tastiere e il piano, prima di riprendere le bacchette del mestiere. Un episodio, certo, ma di quelli carissimi a Joyce, una sorta di epifania che gli consentirà di seguire un percorso del tutto personale. Eppure nella storia del gruppo il suo contributo non si ferma a stuzzicare la grancassa, ma va ben oltre. Dennis è l'unico surfista, ed è proprio lui a indirizzare i destini della band sulle onde del successo planetario di quel California Dream che lascerà il segno un po' ovunque. Un'intuizione geniale, come geniale è il suo tocco pianistico, che stupisce un po' tutti: Dennis improvvisa melodie con una facilità disarmante, le elabora, le lascia decantare, le riveste. Verso la metà degli anni Settanta, quando le azioni dei ragazzi di spiaggia sono un po' in ribasso, l'artista firma per la Caribou Records di James William Guercio, che gli propone un contratto per tre dischi.

Pacific Ocean Blue
è il primo, ed è anche il primo album di un Beach alone, sicuramente il migliore. Canzoni intime, introspettive, malinconiche, tristi, che riflettono una vita di passioni, incertezze, errori. Di passioni, certo, ne aveva: il mare, le donne (cinque matrimoni, due con l'attrice Karen Lamm, poi varie love story che includono nella lista anche Christine McVie e la figlia dell'ex presidente Reagan), l'alcol e la droga, che lo porteranno lentamente alla distruzione. L'artista muore annegato il 28 dicembre 1983 nel suo Pacific Blue, tra le acque di Marina Del Rey: con lui se ne va un uomo dal cuore d'oro, insieme ai fantasmi che probabilmente non lo hanno mai abbandonato, quelli che circondano il nome terribile di Charles Manson, con cui nel 1968 aveva stretto un legame di amicizia (anche se Dennis, inutile dirlo, è assolutamente estraneo alla tragedia legata al massacro di Sharon Tate e alle scorribande selvagge della Family).

Il disco, oltre a contenere alcune canzoni meravigliose, è una sorta di manifesto della decade che rappresenta in tutte le sue sfaccettature. La voce sofferta, oscura, profonda trasmette sensazioni senza tempo, confessioni intime e paesaggi dell'anima; gli strumenti, dagli archi ai fiati, dal synth al piano, vero e proprio cardine del suono di Wilson, riflettono i percorsi musicali a lui più cari, dal rock al soul al R&B, con una particolare predilezione per la ballata classica, quasi sempre perfetta. C'è tutta la solitudine dell'uomo in queste aperture melodiche, il suo viaggiare senza meta, alla ricerca di qualcosa che forse non arriverà mai, l'eterno conflitto tra emozioni e proiezioni individuali, insomma, un piccolo capolavoro che mantiene intatta tutta la sua forza, quella che la vera musica non smarrisce, per fortuna, tra le nebbie del tempo.

Oltre alle dodici canzoni presenti nell'album originale, il primo CD di questa maestosa ristampa comprende quattro inediti, piccole gemme rimaste finora senza luce; il secondo rispolvera il 33 giri mai pubblicato che avrebbe dovuto rappresentare la seconda fatica solista, cioè Bambu (il nome della cartina per arrotolare le sigarette). C'è poco di Beach Boys in Pacific Ocean Blue (che inizialmente doveva intitolarsi Freckles), a parte l'iniziale River Song, un brano dall'incedere solare composto insieme al fratello Carl e già eseguito dal vivo con la band nel 1973. Bruce Johnston appare ai cori di End Of The Show, Mike Love è l'autore dei testi di Pacific Ocean Blues, ancora Carl è tra gli artefici di Rainbows, ma a parte questo il disco si muove su traiettorie personali, estremamente diverse dal suono intriso di good vibrations. L'album viene registrato nei Brother Studios di Santa Monica di proprietà dello stesso artista (anche in questo caso è Carl a prendere parte al progetto), mentre la produzione si avvale del supporto di Gregg Jakobson, che imprime il tempo anche a molte composizioni, da What's Wrong a Moonshine, da Friday Night a Dreamer, fino a Holy Man, un brano strumentale che fa parte dei quattro inediti, una spettacolare immersione nell'intensità più pura (a tratti ricorda molto da vicino la coda di King Of Trees di Cat Stevens). Thoughts Of You è dedicata alla moglie Karen Lamm (classe pura), mentre la stessa attrice contribuisce alla stesura di Time e You And I, che mantengono i livelli sopra una media che subisce un notevole sussulto grazie alla magia di Farewell My Friend, uno dei momenti più alti del disco, una ballata dedicata al padre di Billy Hinsche (anche lui collaboratore dei Beach), un amico e confidente appena scomparso. Tug Of Love, esclusa dalla scaletta (al suo posto era subentrata End Of The Show, composta poco prima della chiusura delle session) torna a deliziare il nostro palato e insieme a Only With You e la strumentale Mexico chiude un disco affascinante e senza tempo.

Il secondo CD non è da meno, Bambu è un album incompleto ma solo in parte, molte canzoni sono compiute in tutti i sensi e ci mostrano che l'esordio non era stato soltanto un colpo di fulmine. Le canzoni riflettono il periodo difficile di Dennis, il progressivo abbandono all'alcol e alla droga, la perdita dei Brother Studios, la ricerca infinita di un'identità. C'è ancora Jakobson al suo fianco, ci sono canzoni superbe come Under The Moonlight, It's Not Too Late e All Alone (scritte da Carli Munoz, un musicista jazz che avrebbe dovuto collaborare all'intero progetto), sprazzi di classe come Common, oltre alla frizzante Constant Companion e alla delicata Love Remember Me. Da brividi la strumentale Piano Variations On Thoughts Of You, mentre l'album si chiude con una versione di Holy Man da parte di Taylor Hawkins. Se fosse nato un secolo prima, e sulla sponda opposta dell'Atlantico, Dennis Wilson sarebbe stato un poeta romantico al pari di Byron, Shelley e Keats. Nella California degli anni Settanta è stato un maestro della canzone, uno straordinario cantore dell'anima.
(David Nieri)


www.pacificoceanblue.net


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