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Sun records nostalgia di
Nicola Gervasini (02/01/2014)
Sono anni (perlomeno dal 2003, quando consigliammo il suo terzo album Break Your
Mother's Heart) che cerchiamo di convincervi di qual grande song-maker sia
Tim Easton. Se ancora vi siete persi qualche puntata, provate magari a fare
un giro nella recente raccolta (accidenti, ha addirittura un The Best in catalogo!)
Before
the Revolution - The Best of 1998-2011, oppure reperite subito i suoi
dischi più interessanti come Ammunition del 2006 o Porcupine del 2009. Quello
che è certo è che se non conoscete il personaggio, sarebbe meglio non partire
dalla sua ultima fatica, questo Not Cool uscito un po' in sordina
a fine 2013, periodo giusto per finire fuori da tutte le classifiche di fine anno
della varie testate giornalistiche.
Non che forse ci sarebbe finito, anche
se il magazine American Songwriter ad esempio ha fatto a tempo a non dimenticarsi
di lui. Perché Not Cool rappresenta una sorta di disco di passaggio, un suo "period
of transition" in cui il nostro, solitamente abilissimo a costruire trame
melodiche al limite del pop su tessuti pienamente roots, immerge la sua arte nel
blues e nel sound anni 50, fornendo un disco che ricorda molto svolte similari
come i dischi di David Johansen con gli Harry Smiths o il Peter Case più recente
di Wig. Non ho nulla contro il fatto di usare il blues, anche se spesso rappresenta
la più facile e sicura scappatoia per celare una certa mancanza di ispirazione.
Come dire che Not Cool è un buon disco fatto di voci rauche, chitarre gracchianti
e ritmi fangosi, ma che è un album che potrebbe fare chiunque, dal Tom Waits più
pigro fino a qualunque bluesman del globo. Mentre da Easton ci si attende magari
qualche slancio da songwriter in più.
Già solo il fatto che non sia facile
distinguere i brani testimonia l'eccessiva unitarietà del disco, che gioca la
carta dell'immediatezza e della brevità (30 minuti e via…). Non basta qualche
variazione rockabilly (Troubled Times), qualche
sprazzo del brillante autore sentito un tempo (Lickety
Split, uno di quei brani che Elvis Costello si è dimenticato di scrivere
vent'anni fa), qualche numero divertente (Crazy Motherfucker from Shelby,
Ohio) e qualche dedica importante (lo strumentale
Knock Out Roses scritto per Levon Helm) per giustificare l'intenzione di ricreare
il sound degli Sun Studios era-Elvis voluta dai produttori Brad Jones e Robin
Eaton, perché l'operazione nostalgia non è certo originale e serve solo a non
evidenziare le vere potenzialità di Tim Easton. Godibile quanto presto dimenticabile,
Not Cool non è un passo falso ma un passo in una direzione pericolosa, quella
dell'"accontentarsi", che rappresenterebbe la tomba di una carriera fino ad oggi
inoppugnabile.