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british blues master di
Matteo Fratti (18/06/2014)
E'
quando sentiamo la voce di John Mayall che ci prende un po' di nostalgia
di quel fascino della scoperta, di quando ascoltammo per la prima volta Double
Crossing Time dall'album Bluesbreakers With Eric Clapton (ma ciascuno ha la sua
e ci sta pure tutta la track-list...) e pensammo con ingenuità da dove venisse
quel tipo di musica, cosa fosse veramente.. il blues. Lo abbiamo scoperto col
tempo (di sicuro mai definitivamente, il dibattito è sempre aperto) e quasi a
esorcizzare i nostri blue devils, bando alle nostalgie, vorremmo affermare: "che
dire ancora di John Mayall"? Ecco allora che potremmo guardare a un nuovo disco
del "vecchio - leone - criniera - d'argento" a cinque anni dallo scorso Tough
(2009) con un filo di preconcetto, come a un libro che vorremmo leggere per la
prima volta, ma ormai non possiamo più farlo perché l'abbiamo già letto.. (e non
sarà più la prima volta).
Così è ancora Mayall, squadra che vince non
si cambia e in questo nuovo album ci sono gli inediti (quattro) e le cover (sette)
accuratamente selezionate come i suoi Bluesbreakers d'occasione, selettivamente
arruolati ad accompagnarlo per l'ennesima "crusade". E se neppure lui in persona
si smentisce mai, importante divulgatore, polistrumentista, pazzo talent-scout
dall'aplomb britannico americanizzato e arzillo ottantenne con una vita speciale
dalla sua (dalla guerra di Corea alla casa sull'albero nel Laurel Canyon, A
Special Life non è titolo casuale per il nuovo cd) non è da sottovalutare
questo lavoro del 2014, tanto in un suono più "americano", quanto nella scaletta
che vede dalla sua ottimi pezzi, frequenti intrecci strumentali e venature più
grezze. Non a caso la sezione ritmica del Chicago-blues con Greg Rzab e Jay Davenport
per basso e batteria influenza di molto il viraggio a sonorità più corpose, ma
la spinta in quel senso viene poi dalla Gibson texana di Rocky Athas, amico di
Stevie Ray Vaughan.
Originale quindi l'ospitata del figlio di Clifton
Chenier (C.J.) alla fisarmonica per Why Did You Go Last
Night ad aprire le danze al sapore zydeco, così come (quanto alla Louisiana)
è proprio a firma Sonny Landreth la scelta di Speak of
the Devil, molto più rock e grintosa, con genuina energia da vendere.
Sicchè A Special Life gioca su binomi di tal fatta, e se anche Big
Town Playboy è un "bluesone" vecchio stile e la title-track gode di
umori crepuscolari e classico "Mayall-style", I Just To Know riprende un
approccio di sfida, prima che la più bella Just A Memory
rievochi gran classe e una ballad degna di ottant'anni.. suonati. Il vecchio leone
ruggisce ancora!