John Doe
Westerner
[Cool Rock Record/ Goodfellas 2016
]

www.theejohndoe.com

File Under: soundtracks for an imaginary western

di Nicola Gervasini (24/05/2016)

John Doe fa parte della storia del Rock. Non esiste lista di album fondamentali, redatta da qualsiasi rivista di qualsivoglia inclinazione (roots-oriented, brit-oriented, mainstream-oriented, indie-oriented, metal-oriented), che non si ricordi perlomeno di Los Angeles degli X, se non anche di altri titoli della storica sigla creata con la compagna di allora Exene Cervenka e altri fidi amici. Ben più oscura invece, poco conosciuta, se non proprio sottovalutata, è stata la sua carriera solista. Forse anche perché nel 1990, dopo un esordio ben finanziato dalla Geffen in cui prendeva subito le distanze dal punk californiano da cui proveniva a favore di un Heartland rock anche piuttosto convenzionale (Meet John Doe), ha passato un decennio incerto e nell'ombra prima di trovare il ritmo giusto in questi anni 2000.

Forever Hasn't Happened Yet (2005); A Year in the Wilderness (2007) e Keeper (2011), perlomeno, sono titoli che vi consiglio caldamente di recuperare se vi eravate distratti, connubi perfetti tra tradizione e pura arte del songwriting, realizzati spesso con piglio produttivo anche coraggioso. Meno importanti invece le concessioni al mondo più commerciale dell'Americana, come la poco memorabile reunion dei Knitters del 2005 o l'avventura nel country tradizionale in compagnia dei Sadies del 2009. The Westerner, titolo rubato ad un vecchio film western del 1940 con Gary Cooper, segue la linea artistica dei suoi più illustri predecessori, e ne conferma i tanti pregi, nonostante anche per lui comincia forse a farsi largo un certo appagamento e la pericolosa tentazione di vivacchiare su un tran-tran volto solo a conservare lo zoccolo duro dei suoi fans, senza però più tentare di conquistarne di nuovi. Nulla di male, in fondo molti suoi esimi colleghi sono approdati alla routine prima di lui, e questi 34 minuti veloci e mai noiosi comunque soddisfano sapientemente qualunque attesa di base nei suoi confronti.

Profondamente influenzato dalla produzione di Howe Gelb e dai panorami dell'Arizona, l'album è ispirato e infine dedicato allo scrittore/sceneggiatore Michael Blake, noto per aver scritto Balla Coi Lupi di Kevin Costner, che Doe ha seguito nei suoi ultimi giorni di vita, incamerando le storie delle sue mille battaglie legali e artistiche a difesa dei Nativi americani. I brani sono un mix di blues desertificati (Get On Board, My Darling, Blue Skies), ballate di frontiera (Sunlight, le splendide e programmatiche Alone in Arizona e The Other Shoe) momenti di riflessione (Little Help, Sweet Reward, Rising Sun) o zoppicanti rock da balera (Go Baby Go, con la voce di Debbie Harry a supporto, Drink Of Water). Classe infinita e esperienza da vendere, questo offre il John Doe del 2016, che non promette più pagine buone per la storia del rock forse, ma continua a scrivere uno di quei romanzi che vorresti non finisse mai, anche quando ha in fondo già detto tutto.


    


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