Ther Handsome Family
Unseen
[Loose/ Goodfellas 2016
]

www.handsomefamily.com

File Under: American gothic (already happened)

di Gianfranco Callieri (28/09/2016)

Benché non avessero mai derogato alla regolarità di uscite d'una produzione discografica scandita con precisione svizzera (dal 2001 del sesto Twilight, un ulteriore album ogni tre anni), il successo di Far From Any Road, tratta da Singing Bones (2003) e utilizzata sui titoli di testa della prima, fortunatissima stagione della serie "True Detective", ha consentito agli Handsome Family di tornare a farsi vivi anche dalle nostre parti, per qualche concerto non particolarmente memorabile ma se non altro utile a confermare come, all'interno della coppia formata da Brett e Rennie Sparks, il marito sia quello più misantropo e intrattabile, mentre alla moglie sia affidato il compito di apparire (almeno un po') più malleabile e disponibile.

Una dicotomia, se vogliamo, anch'essa piuttosto logora, nonché sfruttata già troppe volte per non sembrare l'ennesimo esercizio di stile; d'altro canto, un diligente catalogo di esercizi di stile è proprio quanto vanno proponendo, dai tempi ormai lontani dell'ottimo In The Air (1999), anche i lavori stessi degli Handsome Family, ogni volta inchiodati, con risultati più o meno apprezzabili a seconda dell'ispirazione, agli schemi del gotico sudista dove l'eredità letteraria di William Faulkner incontra il folk dei monti Appalachi e lo avvolge in una densa coltre di fatalismo. Certo, ognuno dei dieci episodi di Unseen può in un certo senso ricordare Far From Any Road, ma era quella canzone, allora, a ricordare da par suo almeno un'altra ventina di pezzi del repertorio dei coniugi Sparks, perciò nessuno scandalo.

Anzi, piace semmai constatare come l'album sia uno dei più accessibili e gradevoli mai realizzati dalla coppia, al solito impeccabile nel confezionare sinistre profezie di sfacelo e disgrazia (nella placida Underneath The Falls si parla addirittura delle presenze soprannaturali nascoste nei boschi) dentro carezzevoli confetti neo-tradizionalisti, e qui più che mai a suo agio nello scivolare tra la cantica antica di The Sea Rose e il dobro country di David Gutierrez sulla raccolta The Silver Light, tra le sfumature quasi pop di Gold e Tiny Tina (più spagnoleggiante la prima, più orchestrale e romantica la seconda) e lo spaventoso lied germanico di Gentlemen, tra le risonanze acustiche di Back In My Day e il gorgheggiare da cowboy della scanzonata Green Willow Valley. Tutto, però, fatta eccezione per il tono nostalgico di una The Red Door che si direbbe sbucata dalle serenate anni '50 del precedente Honey Moon (2009) e per l'ascensione gospel dell'imponente, melvilliana King Of Dust, si svolge senza incidenti e pure senza sussulti, in un'atmosfera intorpidita e passiva, quasi di ripasso su quanto articolato in passato.

Nelle canzoni di Unseen non c'è nulla che non funzioni, insomma, ma il suo clima generale è così "alla Handsome Family", così meontologico (come direbbero i filosofi di altri filosofi troppo concentrati sulla staticità del nulla), così immediatamente riconoscibile e, in fondo, ripetitivo, da indurre in più di un'occasione allo sbadiglio. Perché quella di girare intorno al niente, vedendo se sia possibile costruirci sopra qualcosa, è un'arte, e gli Handsome Family, sebbene anche questa volta bravissimi, l'hanno praticata abbastanza a lungo da rendere consigliabile l'ipotesi di guardare altrove.


    


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