Ronnie Spector
English Heart
[Caroline/ Universal 2016
]

www.ronniespector.com

File Under: Be My Popsinger

di Nicola Gervasini (02/06/2016)

Non deve essere stato facile per Ronnie Spector diventare un'icona del pop e un simbolo di un'era, senza che poi davvero qualcuno abbia mai creduto nel suo talento. Veronica Yvette Bennett deve il suo mito ad una serie di fortunati singoli con le Ronettes (Be My Baby e Baby I Love You i più celebri), e al fatto di essere poi diventata Ronnie Spector quando ha sposato il deus ex machina di tanto successo, il tumultuoso produttore Phil Spector. La loro storia fa gara con quella tra Ike e Tina Turner per numero di soprusi e vessazioni, ma mentre Tina ha comunque saputo gestire il suo talento anche da sola, Ronnie si è persa un po' nel nulla. L'unico tentativo di darle una propria carriera strutturata è stato l'album Siren del 1980, per il quale le assemblarono una band in linea con i tempi composta da membri dei Mink Deville, degli Heartbreakers di Johnny Thunders e dei Dead Boys, e nel quale affrontava anche un brano dei Ramones a ringraziamento per aver rimandato in classifica una nuova versione della sua Baby I Love You (Joey Ramone produrrà poi un suo EP del 1999).

Da allora solo tre album, quasi sempre improntati ad un revival esclusivamente dedicato ai nostalgici. Esattamente quello che fa anche questo English Heart, piccolo bigino di pop britannico degli anni 60, in cui Ronnie canta ancora alla grande con la sua voce inconfondibile, e la produzione trova un discreto compromesso tra suoni vintage e gusto moderno. Dove però, ancora una volta, la Spector conferma di essere interprete poco capace di rigenerarsi, intenta come la troviamo ad affrontare brani che avrebbe cantato anche 50 anni fa allo stesso modo. L'operazione ricorda molto quella di Bettye LaVette del 2010 (Interpretations: The British Rock Songbook), e lo spunto d'interesse nella scelta dei brani arriva dalla versione al femminile di un brano minorissimo e dimenticato dei primi Rolling Stones (I'd Much Rather Be With the Girls, firmata nel 1964 dal solo Keith Richards con il produttore Andrew Loog Oldham proprio per darla a Ronnie, che però non la registrò). E' qui il senso di molte scelte, cioè far rivivere brani meno noti di grandi nomi: dal catalogo Beatles ad esempio pesca e I'll Follow The Sun, scritta da Paul McCartney a sedici anni, e pubblicata come riempitivo di Beatles For Sale, mentre Because è una b-side dei Dave Clark Five.

Quando va su terreni più celebri, lo fa a volte con arrangiamenti coraggiosi (Tired Of Waiting dei Kinks), con grande trasporto e sentimento (l'ottima versione di How Can You Mend A Broken Heart dei Bee Gees) o con semplice rispetto (Don't Let The Sun Catch You Crying dei Gerry And The Pacemakers). Per il resto la scaletta prevede anche Girl Don't Come di Sandie Shaw, You've Got Your Troubles dei Fortunes, Tell Her No dal primo album degli Zombies, Don't let me Be Misunderstood degli Animals e Oh Me Oh My (I'm A Fool For You Baby) di Lulu. Godibile e ben fatto, quanto assolutamente inutile e ricattatorio: provateci voi a dire che non vi piace senza incappare in peccato di vilipendio verso tutto ciò che ha plasmato la canzone pop che più amate.


    


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