Hiss Golden Messenger
Hallelujah Anyhow
[Merge/ Goodfellas 2017
]

hissgoldenmessenger.com

File Under: soulamericana

di Fabio Cerbone (16/10/2017)

Disco dopo disco, con una regolarità che è ormai un segnale di inattacabile ispirazione, la voce di M.C. Taylor, in arte Hiss Golden Messenger, sta assumendo la forma di un classico della tradizione rock americana di questi anni. Al crocevia fra i linguaggi del folk e del blues, della memoria sudista e della canzone d'autore, tra elementi soul e scrittura da degno rappresentante del cuore della provincia americana, il lavoro di Taylor si assume il compito di raccontare un pezzo del suo paese attraverso i sentimenti, le paure, la fede e i dubbi di un uomo che ha messo nella musica tutto il suo futuro. Hallelujah Anyhow segue di un solo anno il già illuminante Heart Like a Levee, ribadendo la qualità del sonwriting e il buon momento di forma della creatura Hiss Golden Messenger.

Nata una decina di anni fa sulle ceneri del progetto alt-country dei Court & Spark, nel tempo l'avventura della band ha assunto una forma più rotonda e brillante rispetto alla scarna essenza folk degli esordi. Oggi la trasformazione è completa e Hallelujah Anyhow lascia sbocciare gli amori di Taylor come autore e musicista, qui ancora affiancato da Phil e Brad Cook nella stesura degli arrangiamenti e rinvigorito dalla nuova sezione ritmica, soprattutto dal beat accattivante del batterista Darren Jessee (Ben Folds Five). Ecco dunque nascere la commistione di heartland rock e southern soul che guida le composizioni, qualcosa che sembra oscillare fra la schiettezza di un novello John Mellencamp del Midwest, come effettivamente accade fra le pieghe di Lost Out in the Darkness e I Am the Song, e la liricità del migliore Van Morrison, evidente nella grazia di John the Gun, ma soprattutto nell'omaggio nemmeno tanto velato dell'irresistibile Domino (Time Will tell).

Una sezione fiati infonde l'agrodolce atmosfera di questo album, riflettendo l'anima stessa dei testi, viaggio di luce e speranza nell'America in declino e confusa, mentre un'armonica fende l'aria nei ricordi di Gulfport, You've Been on My Mind. Facile anche scomodare, nei giochi di specchi con il passato, certi passaggi dal cuore roots che hanno il sapore nostalgico della California dei seventies (Jaw), delicatezze per piano e fiati che sarebbero piaciute a Richard Manuel della Band (la clamorosa ballad Harder Rain, la gemella più timida e affettata Caledonia, My Love), intanto che l'eco dell'immensa strada americana e di un domani avvolto fra incertezze e presagi di oscurità viene affrontato a testa alta, scorgendo la luce fuori dal tunnel ("I've never been afraid of darkness, it's just a different kind of light") nella sferragliante apertura country soul di Jenny of the Roses.

Se il termine Americana ha un senso comunitario, punto di incontro di sentimenti, suoni, stati d'animo di un paese, allora Hallelujah Anyhow ne è la perfetta esaltazione.


    


<Credits>