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The Dirty Knobs
Wreckless Abandon
[BMG 2020]

Sulla rete: thedirtyknobs.com

File Under: american rock'n'roll


di Fabio Cerbone (04/12/2020)

Orfano delle canzoni di Tom Petty, e con gli Heartbreakers ormai lontani dai palchi, Mike Campbell inganna il tempo inventandosi una nuova rock’n’roll band: la migliore medicina per curare la mancanza di un vecchio amico, non trovate? In verità, tanto nuovo non è il progetto The Dirty Knobs, gruppo da “dopo lavoro” che il chitarrista si trascina dietro da una ventina d’anni, nei ritagli di tempo, spesso suonando nel circuito dei club californiani. Quartetto a geometria variabile, che nel tempo si è stabilizzato con l’ingresso di Jason Sinay (chitarre) e Matt Laug (batteria), entrambi dai Five Easy Pieces (meteora del roots rock anni Novanta con un bel disco omonimo per la MCA e nulla più), oltre al basso di Lance Morrison, The Dirty Knobs sono la valvola di sfogo per le intemperanze elettriche di Campbell, a buon diritto uno dei migliori (il migliore? Ci sono buone probabilità) solisti che il mainstream rock americano abbia mai conosciuto.

Le canzoni le metteva Tom, mentre Mike aggiungeva quella chitarra, in una simbiosi compositiva che ha fatto la fortuna degli Heartbreakers (oltre naturalmente al piano di Benmont Tench, nessuno lo dimentichi), sorta di anime gemelle i due, dal cui cilindro uscivano classici a ripetizione. Mancando uno degli ingredienti, ovvero sia le suddette canzoni, Wreckless Abandon, esordio della band, deve puntare tutto sull’altro: dunque classic rock dai forti sapori bluesy e sudisti (Sugar, Southern Boy), altre volte dalle pulsioni hard e psichedeliche (I Still Love You, Don’t Wait), in parte sulla linea di album come Mojo e Hypnotic Eye, dagli ultimi Heartbreakers, con un gran sfrigolare di amplificatori e valvole, un drive serrato e la produzione di una vecchia volpe come George Drakoulias (ricordate i risultati con i Black Crowes?) a cementare il suono granitico.

L’esito è un divertissment rock’n’roll che si lascia ascoltare con affetto, tanto più che Campbell lo ha voluto e completato con sacrificio, dopo avere affrontato problemi di salute abbastanza seri, che lo hanno costretto a rinviarne l’uscita. La partenza promette fuoco e fiamme con la title track, sfoderando un jingle jangle mascherato da rock stradaiolo che non può non suonare Heartbreakers nel cuore e nell’anima, mentre in Pistol Packin’ Mama (con la partecipazione di Chris Stapleton) il motore fa il rodagio sulle strade del vecchio sud, anche se l’episodio migliore è proprio una ballata, quando le chitarre cedono il passo alla melodia in Irish Girl. E pazienza se strada facendo la tenuta delle composizioni si sfilaccia non poco, mettendo di mezzo ripempitivi (quel baloccarsi con lo spirito di John Lee Hoooker in Don’t Knock the Boogie, il mimare JJ Cale con la “dedica” ironica anti-covid di Fuck that Guy, il tuonare hard blues di Loaded Gun, come gli ZZ Top più chiassosi) che sembrano piuttosto pensati per una jam dal vivo, quando si potrà tornare a sudare sotto a un palco.

Da Mike Campbell – che peraltro sfodera una voce non miracolosa, eppure qualche volta dalle inflessioni incredibilmente imparentate con quelle dell’amico scomparso Tom – non era lecito aspettarsi che questo desidero di abbandono al rock’n’roll.


    


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