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Corey Harris
The Insurrection Blues
[Bloos records 2021]

Sulla rete: bloosrecords.com

File Under: acoustic blues


di Roberto Giuli (01/12/2021)

“Corey Harris ha fatto della ricerca il proprio ferro del mestiere, cercando ostinatamente di trovare un comune denominatore per tutte le forze che muovono la musica di matrice afro americana” (cit). E’ una considerazione che risale a diverso tempo fa, al 2005 e alla pubblicazione dell’ottimo Daily Bread; un momento di grande importanza per un artista che, già da un decennio prima, raccoglieva insieme ad altri l’eredità della tradizione, con il compito di traghettarla verso il nuovo millennio. Citando ancora, “non di semplice rivisitazione si tratta, piuttosto della revisione critica di un percorso storico”. Non a caso un album come Mississippi To Mali, del 2003, uno studio ragionato e “a ritroso” rispetto alla celebre partecipazione al documentario “Feel Like Goin’ Home”, di Martin Scorsese, risalente a qualche tempo prima. Un personaggio illustre dunque, che si dimostra ancora una volta capace di dar vita a quel prezioso filo conduttore che caratterizza anche le sue performance dal vivo; un bluesman, uno story teller, profondo conoscitore della storia del blues in ogni sua sfumatura, allo stesso tempo artista del tutto contemporaneo.

Dopo numerosi album, ricordiamo gli esordi per Alligator (tra cui gli eccellenti Fish Ain’t Beatin’ e Greens From The Garden) e il sodalizio con etichette come Telarc e Rounder, nonché tante collaborazioni segno di altrettanta versatilità, da Taj Mahal, a R.L. Burnside, Ali Farka Toure, Olu Dara, Wilco, Henry Butker tra gli altri, soprattutto dopo una intensa attività live che lo ha portato all’attenzione degli appassionati di ogni latitudine (compreso ovviamente il nostro paese, con il quale ha un legame particolare), Harris si presenta all’appuntamento con un nuovo lavoro, realizzato in Italia per Bloos Records. The Insurrection Blues è di nuovo una piccola perla, frutto, come nella miglior tradizione del nostro, di quattordici tracce acustiche che filtrano attraverso una vicenda musicale (e non solo) ormai comprendente anche Corey stesso, il quale, forte solo dello strumento e dell’espressività della sua voce, arrangia alcuni traditional facendoli suoi, come l’iconica Twelve Gates To The City, o Toubaka, l’articolata Sunjata, frutto di un prezioso gioco di finger picking, o ancora By And By, animata dalla slide.

C’è grande intensità, la stessa che investe le composizioni prese dal songbook di artisti illustri, anche questi interpretati come fossero propri, la desolata Some Of These Days, When Did You Leave Heaven, con Lino Muoio al mandolino (uno dei due ospiti illustri, l’altro è lo storico armonicista Phil Wiggins in Afton Mountain Blues), la splendida Special Rider Blues, dell’amato Skip James, Boats Up River, numero di puro piedmont blues composto da John Jackson, You Gonna Quit Me Baby di Blind Blake, come pure di Blake è la vivace That Will Never Appen No More, ottima e vituosistica; mai quanto Scottsville Breakdown, composta da Harris in persona, allo stesso modo di Mama Africa e della cupa, bellissima Insurrection Blues (Chickens Come Home To Roost). Come dire, organico minimale e grande musica: bel disco.


    


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