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Lucero
Should've Learned By Now
[Liberty & Lament/ Goodfellas 2023]

Sulla rete: luceromusic.com

File Under: riportando tutto a casa


di Marco Denti (27/02/2023)

Il senso del titolo e della title-track è ambivalente, eppure limpido: a questo punto dovrebbe essere chiaro a tutti che l’identità dei Lucero è solidissima e, per certi versi, intoccabile. Should’ve Learned by Now è una perentoria dichiarazione d’intenti fin dall’inizio, quando One Last F.U. spara ad alzo zero e impone un po’ anche la cifra stilistica del disco, che è immediato, nudo & crudo. È limitato rispetto all’epica costruzione di Among the Ghosts (2018, finito dritto tra i dischi dell’anno di RootsHighway) e meno ambizioso di When You Found Me (2021) e così le sue qualità sono tutte nella corrispondenza all’essenza rock’n’roll dei Lucero, che sono come il Jack Daniel’s: non sarà un grande whiskey, ma è il Jack Daniel’s, prendere o lasciare.

Il suono scarno ed elettrico di Should’ve Learned by Now riporta ai primi dischi, un ripiegamento alle origini che in realtà non hanno mai lasciato: in un certo senso è anche un punto di non ritorno per una rock’n’roll band che non sa (o non vuole) cambiare il suo sound di un millimetro (c’è anche la conferma del produttore, Matt Ross-Spang) e anche questo potrebbe essere un merito, visto i tempi che corrono. L’energia di Macon If We Make It, Nothing’s Alright o il riff di Buy a Little Time dicono che c’è ancora qualcuno capace di assimilare il rumore e l’elettricità e di farli convivere con l’immaginario di Ben Nichols. Qui naturalmente sono la voce e le canzoni che fanno la differenza perché sono quelle, e punto: imbattersi in She Leads Me o nella suggestiva Raining For Weeks è come scoprire qualcosa di nuovo su una strada che si conosce a memoria, da anni e anni.

Ci vuole un po’, ma Should’ve Learned by Now fa proprio quell’effetto. È una sorta di ritorno a casa, con le chitarre elettriche (lo stesso Ben Nichols e Brian Venable) che non si fermano mai e i contrappunti lasciati a Rick Steff che si dedica soprattutto al pianoforte, facendo affiorare un sottile e curioso strato di E Street (in particolare nella coda di At The Show) sull’impeto dei Lucero. C’è anche qualcosa di subliminale pescato dai Los Lobos nell’evocazione della luce lunare in Drunken Moon (bellissima) e in Time To Go Home che, impreziosita da una splendida fisarmonica, sigilla un pugno di canzoni che hanno l’ormai raro sapore della sincerità e puzzano di alcol, di notte, di benzina, di pioggia, insomma, della vita vera come può raccontarla soltanto una (grande) rock’n’roll band.


    



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