File Under:songwriter,
roots rock di
Paolo Baiotti (15/02/2013)
Devon Allman si porta dietro il fardello di un cognome pesante. Figlio
di Gregg e nipote di Duane (che non ha mai conosciuto), sicuramente ha avuto meno
problemi di altri a farsi ascoltare dai discografici o a trovare un contratto,
ma il confronto con due icone del rock americano non è facile da sopportare. Non
è cresciuto con il padre, ma musicalmente si è formato jammando sui palchi frequentati
dalle band di famiglia. Da anni è leader degli Honeytribe, roccioso trio di rock
blues che ha pubblicato due dischi senza incidere più di tanto. Recentemente ha
formato i Royal Southern Brotherhood, un quintetto che ha registrato l'omonimo
album tra soul, rock, blues e radici sudiste, ottenendo buoni riscontri anche
in Europa. Ma Devon ha l'ambizione di mostrare il suo lato più personale e riflessivo,
quello di songwriter, lasciando un po' da parte la chitarra per concentrarsi sulla
voce e sui testi.
Questo è lo scopo di Turquoise, un album
elegante, prodotto dall'esperto Jim Gaines, registrato in Tennessee con Yonrico
Scott alla batteria (RSB e Derek Trucks Band) e Myles Weeks al basso (già con
Eric Lindell). Un disco sorprendente, viste le precedenti esperienze di Devon,
eppure non del tutto convincente. L'inizio è promettente con la ritmata When
I Left Home, punteggiata dalla slide di Luther Dickinson che aggiunge
sapori sudisti ad una traccia pop-rock dotata di una melodia riconoscibile, con
un testo che vuole riassumere vent'anni di vita on the road. Don't
Set Me Free è un brano da cantautore roots melodico che mi ha ricordato
un riff di James Maddock (e che non sfigurerebbe nel suo repertorio)...peccato
che la chiusura sembri un po' affrettata. La ballata intimista Time
Machine sembra priva di mordente anche nel cantato, come la latineggiante
Key Lime Pie e la caraibica There's No Time,
impalpabile nonostante il breve assolo "santaniano". La cover di Stop
Draggin' My Heart Around non è male pur non risultando epocale, con
la cantante blues Samantha Fish che sostituisce egregiamente Stevie Nicks, presente
nell'originale di Tom Petty.
Nella parte centrale del dischetto spiccano
il mid-tempo Strategy, composta con Mike Zito,
compagno nei RSB, con un riuscito crescendo di chitarra, la melodica Homesick,
ennesima variazione sul tema della mancanza di casa per un musicista e il morbido
soul Into The Darkness, dedicato al figlio Orion, con il sax raffinato
di Ron Holloway. Nel finale il delizioso strumentale Yadira's
Lullaby ci riporta al suono acustico dello zio Duane in Little Martha,
mentre la conclusiva Turn Off The World è
una ballata notturna discretamente ispiirata e arrangiata con gusto. Devon ha
qualità, ma sembra in una fase di transizione, non ancora del tutto convinto sulla
strada da seguire.