Neal Casal
Sweeten the Distance
[
Fargo  
2011]

www.nealcasal.com


File Under: songwriting, folk rock

di Gianuario Rivelli (09/01/2012)

Ogni uscita discografica di Neal Casal è un appuntamento con un vecchio amico a cui sei particolarmente affezionato, a cui pensi sempre con affetto e gratitudine perché la gentilezza del suo tocco e le sue melodie avvolgenti sono stati sin dall’inizio un colpo di fulmine per te, ragazzino che ti aggiravi ancora imberbe tra suoni americani. A uno così, spirito fiero da outsider non di facciata, non puoi non voler bene anche se dopo l’esordio abbacinante di Fade Away Diamond Time - uno di quei dischi che ti fanno pensare che il Santo Graal esiste e lo puoi anche trovare - non sempre (eufemismo) ha mantenuto le aspettative, ammesso che questo termine possa attagliarsi a uno che è sempre andato per conto suo, alternando la carriera solista ai percorsi paralleli con Hazy Malaze e Cardinals, (sua è la chitarra solista di quella che è stata molto più di una backing band per Ryan Adams). Con questa premessa è difficile avvicinarsi con atteggiamento del tutto neutrale a Sweeten the Distance, decima prova solista del songwriter del New Jersey, tanto più che il disco prende le mosse in modo confortante dopo lo shock causato da una copertina francamente impresentabile, a metà tra suggestioni arcane ed un’ecografia.

Infatti, i primi brani, pur senza far strappare i capelli, riescono a rigenerare l’antica pozione fatta di nostalgia impastata con organo e slide, sensibilità westcoastiana, aria sognante e sbarazzina. La title track è un classico folk old style con l’organo ben in vista, malinconico e rasserenante; il delicato arpeggio, la slide ciondolante e il ritornello quasi da marcetta di Bird with No Name ci riavvicinano alle antiche intuizioni e il country personale di Need Shelter è un gioiellino di grazia per cui Casal dovrebbe depositare il marchio registrato. Quando poi con Let it All Begin il nostro prende anche a rockeggiare con una ballata ariosa a più strati che centra il bersaglio, pare proprio di essere avviati verso uno dei dischi di Casal che meno si allontana dal glorioso capostipite. Purtroppo è una pia illusione perché da questo momento in poi Sweeten the Distance è come un motore che perde inesorabilmente colpi strada facendo e la produzione fin troppo rispettosa di Thom Monahan non riesce proprio a far staccare da terra queste canzoni.

White Fence Round House è un country soul con robuste dosi di steel guitar che vorrebbe alzare la temperatura emotiva ma finisce per annoiare, So Many Enemies un mid-tempo che avrebbe tutte le carte in regola per diventare una hit di Casal, ma è penalizzata inesorabilmente da un ritornello anonimo, How Quiet I Got è un pasticciato e scombicchierato cimento rock con tanto di wall of sound, The Gyrls of Wynter è sì California, ma California sbiadita, segno tangibile di un’ispirazione sempre viva ma ormai raramente capace del cambio di marcia che fa la differenza. Vivaddio che un’ulteriore zampata c’è ed è di quelle del purosangue: Time & Trouble, il pezzo migliore del disco, ballata con echi stonesiani, un morbido tappeto di distorsioni, chitarre e voce slegate e lanciate verso la magia di un tempo. Quel tempo che questo vecchio amico ti fa sempre tornare in mente, anche se adesso lo trovi un po’ invecchiato e non tutto quello che ti racconta ti avvince come una volta. E a volte ti fa anche sbadigliare, ma quando gli brillano gli occhi e riesce a lanciare bagliori dell’antico fuoco, il tuo cuore non ci metterà molto a scaldarsi.


  


<Credits>