Chris Robinson Brotherhood
The Magic Door
[
Silver Arrow
2012]

www.chrisrobinsonbrotherhood.com


File Under: southern revival

di Gabriele Gatto (23/09/2012)

Sono passati solo pochi mesi da quando Chris Robinson e la sua Brotherhood (Neal Casal alla chitarra solista, George Sluppick alla batteria, Mark Dutton al basso ed Adam MacDougal alle tastiere) hanno dato alle stampe il loro Big Moon Ritual, disco che ci era decisamente piaciuto per il suo piglio neo-hippie e "californianamente" lisergico, al punto di suonare completamente avulso dal tempo. Evidentemente Chris Robinson deve essere in piena fase di bulimia creativa se è vero che, con pochissimo preavviso, si è sentito pronto a dare un seguito alla sua creatura. Perché è vero che molte delle canzoni contenute in questo The Magic Door erano già passate dalla fase di rodaggio dei numerosi concerti in cui la fratellanza (barbuta) si cimenta ininterrottamente da parecchi mesi a questa parte, ma è altrettanto certo che non è da tutti rischiare la doppia uscita discografica in un periodo così ravvicinato, soprattutto in un momento in cui le vendite dei dischi sono ai minimi storici.

Eppure, con la strafottenza e l'ironico disincanto che ha sempre contraddistinto il Nostro, già negli anni gloriosi dei Black Crowes, Chris Robinson pare non curarsene più di tanto. È abbastanza naturale, pertanto, andare a cercare i punti di contatto fra questo nuovo album e quello che l'ha preceduto. E tuttavia non servono orecchie particolarmente allenate per coglierne le evidenti differenze. Così, se in Big Moon Ritual le atmosfere dominanti erano le dilatazioni psichedeliche figlie dei Grateful Dead, in questo This Magic Door ritornano a caratterizzare il mood generale quelle note di blues e di radici americane che sprizzavano da tutti i pori degli ultimi due lavori dei Black Crowes, seppur filtrati da un approccio della band di supporto molto meno irruente e più rarefatto. I brani sono quasi tutti molto lunghi, come capitava anche nel primo episodio, ma allo stesso tempo a caratterizzare il suono sono le tastiere iper-vintage di Adam MacDougall, che si disimpegna fra Fender Rhodes e sintetizzatori dal suono molto sixties e che conferiscono al suono un andamento pigro e caracollante.

Apre le danze il rilassato blues di Let's go let's go let's go, che - incredibile dictu - non arriva nemmeno ai cinque minuti di durata, dove Neal Casal, lungi dalle dimostrazioni di onanismo chitarristico che affliggono oramai troppi mestieranti della sei corde, dà un piccolo saggio di gusto e misura, così come nella successiva Someday past the sunset. Poi, dal repertorio più recente dei Corvi ecco giungere Appaloosa, che tuttavia non convince troppo in questa versione dilatata, cui la cura psichedelica non rende piena giustizia. Così come non convince troppo la lunghissima Vibration & Light Suite, che sfiora il quarto d'ora di durata ma pare troppo incartata su se stessa, per via del chilometrico finale che poteva senza dubbio essere accorciato senza troppi rimpianti. Il tasso rootsy e vagamente sudista ritorna a crescere nei tre brani conclusivi, con menzione speciale per la conclusiva Wheel don't roll, con un bridge che potrebbe ricordare The Band in una festa a base di acido. Insomma, un buon secondo volume, anche se meno caratterizzato e meno sorprendente del primo, che riporta un po' di nostalgia (forse le medesime canzoni suonate dai Black Crowes sarebbero potute esplodere ulteriormente) ma che ci consegna un Chris Robinson in buona forma e voglioso di fare ancora (buona) musica.


    


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