Counting Crows
Underwater Sunshine
(Or What We Did on Our Summer Vacation)

[
Collective Sounds 
2012]

www.countingcrows.com

File Under: : classic rock lessons

di Fabio Cerbone (02/04/2012)

Che vogliate credere o meno alle parole di Adam Duritz - uno che qualche trucco del music business lo deve senz'altro avere imparato negli ultimi vent'anni - pare che questo disco sia esattamente quello che la band avesse intenzione di registrare: quindici "ricognizioni" intorno alla storia e alle radici degli stessi Couting Crows, intrecciando non solo le proprie fonti di ispirazione più o meno dichiarate, ma persino progetti paralleli che hanno visto coinvolti gli stessi musicisti (soprattutto i Tender Mercies del chitarrista Dan Vickrey e del batterista Jim Bongios, da cui arrivano Mercy e la già nota Four White Stallions). Chiuso, amichevolmente dicono loro, il connubio milionario con la Geffen dopo l'eccellente Saturday Nights & Sunday Mornings, dare alle stampe un album di cover come esordio "indipendente" sembra essere una dichiarazione di resa, un momento di stallo creativo, per giunta accentuato dalla proverbiale parsimonia discografica con cui la band californiana si spende in pubblico. Ce ne sarebbbero tutte le ragioni, eppure nell'ironia stessa del sottotitolo Underwater Sunshine (Or what we did on our summer vacation) si nasconde una gioia di condivisione e una serenità artistica che trasuda da ogni solco di questa raccolta, definitivamente ancorata al linguaggio dei Counting Crows, che afferrano e sottomettono ogni singola nota al loro stile, nell'opera più rootsy, spensierata, elettrica e vitale da diverso tempo a questa parte.

Per qualcuno resterà un disco di passaggio, come evidentemente andrebbe letto, per altri potrebbe rivelarsi una sorta di espiazione e forse la perfetta rigenerazione mentale per tornare a fare musica importante. In attesa dunque che la seconda carriera del gruppo riprenda slancio, restano oggi una manciata di "classici minori" e di illustri sconosciuti che i Counting Crows hanno setacciato come fossero cercatori d'oro: perché se è vero che ritrovare in una simile antologia reintepreazioni di Bob Dylan (una You Ain't Going Nowhere brusca, ubriaca e a rotta di collo), di Gram Parsons (Return of the Grevious Angel trasformata in un saltellante roots rock da ultima bar band americana) o dei Big Star (l'astrale The Ballad of El Goodo, tagliata su misura sulla dolce inquietudine della voce di Duritz) risulti quasi scontato, non lo è altrettanto scorgere i nomi di autori quali Romany Rye, Kasey Anderson, Dawes o Teenage Fanclub.

Un bagno di umiltà insomma, e forse la dimostrazione che i Counting Crows vogliono ancora essere qualcosa di più delle semplici rock'n'roll star proiettate, loro malgrado, nel firmamento dagli anni 90 in poi. Underwater Sunshine, paradossalmente, è il disco con il quale prenderli sul serio, come musicisti e come uomini: invece di essere un compitino da viziati dello stardom musicale, risulta un disco dove l'ansia dell'iniziale Untitled (Love Song), prima avvisaglia di un lavoro in cui le chitarre conducono le danze, l'urgenza di Hospital (brano di Coby Brown) e Like Teenage Gravity (finale nervossissimo ed elettrico, con venature psichedeliche), la gioia pop di Start Again (eccoli i Teenage Fanclub ad unire gli amori power pop e Byrds) e Coming Around (degli inglesi Travis) sono tutte dimostrazioni di una terapia di gruppo, di una liberazione attesa dagli stessi Counting Crows.

Duritz e compagni (sempre essenziale la coppia Bryson-Vickrey così come il pianismo lirico di Charlie Gillingham) evitano accuratamente le sabbie mobili e anzi forniscono una lettura umorale, "approsimativa", in totale abbandono di questi brani: l'esuberanza e al tempo stesso l'understatment di Underwater Sunshine sono racchiusi allora in Meet On The Ledge (Fairport Convention), nella trasparenza acustica di Ooh La La (i Faces più bucolici di fine corsa) e nella coralità country di Amie (Pure Prairie League…e chi si ricordava più di loro? Solo averli ripresi in mano è un atto di modestia). Tenendosi alla larga dal già sentito e al contempo esorcizzando i propri fantasmi personali (un Adam Duritz sotto intensive cure mediche prima delle sessioni), i Counting Crows approcciano la semplicità del loro essere prima di tutto rock'n'roll fan. Gli esiti sono tanto insospettabili quanto trascinanti.



   


<Credits>