John Hiatt
Mystic Pinball
[N
ew West  
2012]

www.johnhiatt.com


File Under: rock'n'roll storyteller

di Fabio Cerbone (02/10/2012)

A dispetto di una brutta copertina un po' "assonnata", John Hiatt non ha proprio intenzione di mettersi a riposo, rilanciando semmai a stretto giro da Dirty Jeans and Mudslide Hymns, disco del ritorno di forma apprezzato a livello unanime, l'ennesima raccolta di ballate elettriche e rock'n'roll dall'America profonda. Mystic Pinball è soprattutto lo specchio di una rinnovata fiducia nel proprio songwriting e di un'inedita energia, che gli è giunta dopo l'invenzione del progetto The Combo, piccola band di irriducibili professionisti che pare avere fornito il giusto equilibrio alle canzoni della sua maturità. Aspettarsi chissà quali rivelazioni in termini musicali e di testo dal John Haitt del 2012 è francamente un'illusione, ma nella sorpresa di un album così immediato c'è tutta la solidità di un artigiano della canzone americana, sicuro dei suoi mezzi e di uno stile che è la quintessenza del cantautorato rock.

Istintivamente più irascibile e sudista del suo predecessore, Mystic Pinball detta le sue regole nel trittico iniziale, tra il singalong istantaneo di We're Alright Now, il rockaccio dalle tinte garage blues Bite Marks e una ballata da grandi orizzonti quale It All Comes Back Someday, che sembra tornare ai tempi vivaci di Perfectly Good Guitar, età dell'oro a metà anni Novanta. Da qualche parte fra il timbro elettrico di quella stagione e il più recente Beneath this Gruff Exterior (ma al tempo c'era il marchio indelebile di Sonny Landreth, mentre oggi un chitarrista come Doung Lancio si mantiene più ligio ai binari della canzone), schietti rock blues del tenore di My Business e One of Them Damn Days cercano più l'effetto immediato che non la perfezione e certamente giocano sul già sentito. La motivazione potrebbe anche essere banale: stessa produzione (Kevin Shirley, comunque definitivamente affiatato nell'assecondare Hiatt) e stezza band (con la sezione ritmica formata da Patrick O'Hearn e Kenneth Blevins) offrono da una parte sicurezza e dall'altra una formula ripetitiva.

Resta il fatto che la classe non è acqua e tra rock epidermici e molto mestiere, John Hiatt continua ad avere il guizzo vincente: ad esempio nel romanzo a tinte noir della flessuosa Wood Chipper, che forse avrebbe avuto più senso nella scaletta del precedente Dirty Jeans and Mudslide Hymns, così come nella galleria di loser e amori ordinari raccontati con la solita ironia e il giusto disincanto di un autore ormai esperto. E allora le avremo anche sentite troppe volte queste storie, ma quando hanno il passo morbido e romantico di I Just Don't Know What to Say e I Know How to Lose You, quando virano al crepuscolo in No Wicked Grin o quando si fanno bruscamente country in Give It Up è difficile non scovarvi una ragione in più per accoglierle con affetto. Nella sconfinata discografia di John Hiatt classificatelo pure alla voce "dischi minori", ma non pensiate così di liberarevi troppo facilmente di Mystic Pinball.


    


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