James Maddock
Another Life
[Casa del Fuego 
2013]

www.jamesmaddock.net


File Under: an english songwriter in New York

di Paolo Baiotti (22/07/2013)

Nelle note introduttive della campagna di finanziamento su Pledge Music, James Maddock aveva indicato la direzione del nuovo album: un approccio più acustico adatto ad un gruppo di canzoni con dei testi riflessivi, in parte già suonate dal vivo nel corso del tour in duo con David Immergluck, che ha toccato anche il nostro paese, con il produttore Matt Pierson, esperto di jazz che ha lavorato con Brad Mehldau e Joshua Redman e un nucleo ristretto di sessionman formato da Tony Scherr al basso (Bill Frisell, Paul Scofield), dal polistrumentista Larry Cambell (Levon Helm, Bob Dylan e tanti altri), da Kenny Wollesen alla batteria (Tom Waits, Bill Frisell, John Zorn) e dal pianista Oli Rockberger, unico rappresentante della band abituale del musicista di Leicester.

Chi si attendeva una conferma del suono pop rock di Wake Up And Dream che sembrava nelle corde dell'artista, mettendo in risalto una voce sporca debitrice del miglior Rod Stewart e le ballate romantiche imparate da vecchi vinili di Van Morrison, forse resterà in parte deluso e a dire il vero il disco sembra mancare un po' di varietà, specialmente nella seconda parte, dove un paio di composizioni più deboli fanno venire voglia di risentire Beautiful Now o When The Sun's Out dai dischi precedenti. Tuttavia la capacità di scrivere ballate melanconiche è intatta e gli arrangiamenti stringati non danneggiano i brani migliori, semmai ne rendono più difficile una programmazione radiofonica, che comunque nel panorama attuale sarebbe una pia illusione. L'inizio del disco è da brividi con Another Life, splendida ballata pianistica cantata con toni morbidamente rauchi, impreziosita dal mandolino di Larry Campbell, seguita da Arizona Girl, traccia delicata e dolente arrangiata in modo essenziale e da Timing's Everything, un brano etereo, quasi sospeso fino all'entrata del violino di Campbell.

I've Been There Too
alza un po' il ritmo mantenendo intatta la qualità, lasciando riemergere il gradevole piano di Oli ed avvicinandosi alle atmosfere più leggere del disco precedente. That's Heavy ha il piglio delle ballate irlandesi con mandolino e violino in primo piano, mentre Leicester's Mist ci riporta alle atmosfere dei primi brani, ricordando con malinconia la natia Inghilterra. L'acustica Easy To Give mi sembra un po' deboluccia rispetto alla ritmata Don't Go Lonely, morbidamente reggata e alla riflessiva What Have I Done, che negli arpeggi di chitarra richiama il Gilmour più bucolico. La sussurrata Strategies Of Life è un altro momento di stanca, specialmente avendo già ascoltato cinque brani lenti. Better On My Own prosegue nella stessa direzione, ma ha un accompagnamento più pieno…o forse è semplicemente migliore nella scrittura. Il testo melanconico su un'ipotetica paternità di If I Had A Son si riflette anche nell'arrangiamento, mentre Making Memories è un brano fluido tra country e radici con violino e mandolino in primo piano che chiude degnamente un disco che, pur con qualche difetto, conferma le qualità migliori di Maddock.



      


<Credits>