Laura Marling
Once I Was An Eagle
[
Virgin
2013]

www.lauramarling.com

File Under: folk princess

di Fabio Cerbone (03/06/2013)

Anima antica quella di Laura Marling, a dispetto dei ventitrè anni, reginetta incontrastata del nuovo folk inglese che sembra coraggiosamente infischiarsene del momento di grazia del genere (dai Mumford & Sons a tutto quello che ne è seguito in termini di visibilità e idillio con il grande pubblico), imboccando una strada solitaria, impervia e di assoluta integrità artistica. Once I Was an Eagle è infatti il disco più cupo, secco e integerrimo della sua recente produzione, sedici brani e un'ora abbondante di musica che reclamano uno sforzo di adesione totale a chi si pone all'ascolto, per penetrare la coltre dei sentimenti e delle confessioni che la giovane cantautrice mette a nudo. Alle spalle una discografia già impeccabile per intensità e costante crescita, la sua figura sembra trascendere completamente l'età anagrafica, quasi abbracciando un equilibrio che molti colleghi possono soltanto immaginarsi: il merito è da condividere con un corpo musicale che passo dopo passo è stato realizzato con il produttore di fiducia Ethan Johns, ormai sempre più in simbiosi con lo spartano orizzonte di queste ballate.

Asciugate ulteriormente nel loro bagaglio di brit-folk e reminiscenze west coast, le canzoni di Once I Was an Eagle si sviluppano intorno al tema eterno della lotta fra ragione e cuore, tra amore e raziocinio, inventandosi un ciclo degno di un concept album, che mette sotto la lente di ingrandimento ogni anfratto del cuore di Laura Marling. Ci sono le sue paure, le sue delusioni, la ricerca di una luce dopo la caduta, utilizzando spesso figure retoriche e immagini che ricorrono come punti cardinali nella sua scrittura: e allora ecco gli animali, la natura selvaggia, l'oscurità dell'anima, i diavoli e persino la mitologia, qui evocata con ingenuità nel ruzzolare folk blues di Undine. Una musica che evidentemente segue di pari passo questa scelta austera e densa di significati personali: accompagnata spesso dalle sole percussioni dello stesso Ethan Johns, il violoncello di Ruth de Turberville e il basso di Rex Horan, Laura Marling costruisce un ponte fra la musa di sempre Joni Mitchell, il folk adamantino del Laurel Canyon californiano e quello più ancestrale, anche tenebroso della tradizione anglosassone, richiamando la stagione di Pentangle e Fairport Convention. Lo strumentale Interlude divide esattamemte questo percorso in due, offrendo la fotografia d'insieme della vicenda narrata: l'amore combattuto, i rimorsi, l'abbandono nella prima parte, l'accettazione, la lenta risalita e la rinascita nella seconda.

Così i primi quattro episodi, dalla docile Take the Night Off alla percussiva Breathe si susseguono senza soluzione di continuità, sorta di flusso di coscienza che si risolve nel ritmo convulso e asciutto di Master Hunter, tutti passaggi che stabiliscono l'ulteriore maturazione della voce della Marling, la quale non rinuncia alla sua naiveté ma si dimostra padrona del proprio sgomento. Attraversata la coltre spessa e scura di Devil's Resting Place e della citata Undine si dischiudono infatti i respiri country soul di Where Can I Go? e Once, pennellate da un organo incantevole sullo sfondo e da un sound che resta avvinghiato ai falsetti e ai saliscendi della voce di Laura. C'è uno spiraglio, un bagliore in queste tracce, che si innalza nel canto della dolcissima Pray for Me e arriva pazientemente a costruire un finale dove gli intrecci tra acustico ed elettrico delle chitarre (turbinoso e straniante When Were You Happy?) si fanno bastare per sorreggere l'intero scheletro delle canzoni, dalla sinuosa invocazione di Love be Brave per approdare al crescendo luminoso, risoluto di Saved these Words. Un album scorbutico, umorale, una sfida che in un primo momento lascia spiazzati e reclama a gran voce un'attenzione che sembra non si possa più concedere ai dischi di oggi: anche per questo motivo Laura Marling è adesso più che mai la capofila di un rinnovamento folk non superficiale, emotivo, spontaneo e al tempo stesso profondo.


    


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