John Mayer
Paradise Valley
[Columbia 
2013]

www.johnmayer.com


File Under: easy country rock

di Silvio Vinci (27/08/2013)

Ero curioso di ascoltare il nuovo lavoro di John Mayer, curioso di scoprire se il bellissimo Born And Raised del 2012 avesse innescato un percorso artistico di qualità o fosse stato solo un fuoco di paglia. Non nascondo di essere rimasto veramente deluso da questa Paradise Valley. Chiariamo un punto, John Mayer è un ottimo artista, un bravissimo cantante-chitarrista e sa scrivere le canzoni, però evidentemente in America la pressione di una major discografica è tale che, indipendentemente dal tuo profilo tecnico, non puoi permetterti di incidere album che non abbiano una "visibilità" ampia. Inevitabilmente si è ritornati sul commerciale, sul soft rock, su un leggero appiattimento dei canoni stilistici che hanno ben supportato il precedente lavoro, cioè il country rock e il blues. Non mancano ovviamente le belle ballate, che John sa scrivere e interpretare magistralmente, però il taglio è quello che ho anticipato: tutto troppo facile, easy listening, melodie che i quindicenni ameranno canticchiare, ma non andranno al cuore dei lettori di RootsHighway, abituati fortunatamente in questi ultimi anni a ben altro spessore. Ci sono anche qui gli ospiti famosi (Kate Perry, Frank Ocean) e la band che lo accompagna è una squadra di fenomeni, con la quale sta terminando un imponente tour negli Stati Uniti (dopo il riposo forzato di quasi un anno, causa operazione alle corde vocali) durante il quale in scaletta vi erano anche cover di Bob Dylan.

La copertina del disco è molto bella, ispirata dai paesaggi del Montana dove da qualche tempo si è trasferito, curata nei dettagli, anche troppo, la registrazione perfetta grazie anche alla superproduzione di Don Was. Ma parliamo di musica: Wildfire è il singolo che apre il cd, e che si sente di continuo in radio, bel pezzo, stile facilmente riconoscibile, chitarra fluida ma "leggera", certamente uno dei brani sicuri di fare parte delle prossime Greatest Hits; Dear Marie prosegue una certa linea cominciata nel precedente lavoro, ma siamo sempre troppo leggeri, stesso discorso per Waiting On The Day. Mi sorprende la bella Paper Doll grazie al bel lavoro ritmico, oltre al collaudato riff di chitarra in pieno John Mayer Style, che diventa il secondo hit single del disco. Call Me The Breeze è l'omaggio ai Lynyrd Slynyrd (e a JJ Cale), con ringraziamento a Robbie Krieger, gran bella cover, impreziosita dal piano wurlitzer. Who You Love vede la collaborazione della sua attuale compagna Kate Perry, capace comunque di rendere il suo, senza fare danni. I Will Be Found (Lost At Sea) è una di quelle ballad che ti fanno amare questo "paraculo" di trentacinque anni; perfetta, c'è tutto, il giro degli accordi, l'hammond in sottofondo, il cantato da navigato country singer, certamente il miglior pezzo. La ripresa di Wildfire (giochetto ben riuscito con il precedente Born And Raised, che presentava due versioni dello stesso brano) inserisce la voce soul di Frank Ocean, che sta a questo disco come i cavoli a merenda, ma rientra nel razionale della premessa iniziale.

You're No One Til Someone Lets You Down è una passeggiata a Nashville, Badge and Gun è dolce e gentile, acustica ed evocativa di west coast sound, una strizzatina d'occhio al vintage (Lovin Spoonful); chiusura in linea stilistica country-acid-rock con On The Way Home, una delle poche grandi canzoni del disco, dove ci concede finalmente una goccia della sua infinita classe. Fossero state tutte così... il sentimento è un misto rabbia -delusione; rabbia perché conoscendo il potenziale di questo ragazzo, eccelso strumentista, compositore e cantante, mi aspetto ogni volta da lui un grande disco, specialmente oggi, in continuità col percorso che ha cominciato due anni fa, consapevole delle sue qualità e rispettoso di quel sound americano che come pochi riesce a rendere attuale, delusione perché suona troppo commerciale, troppo soft. Paradise Valley è un buon disco, irreprensibile nella forma, vuoto nella sostanza; niente di clamoroso, intendiamoci, anche rimanendo qualitativamente lontano anni luce da Born and Raised, mantiene uno standard più che dignitoso, lascia però una sensazione di opportunità non colta. Unica cosa certa, il suo conto in banca lieviterà notevolmente.



    


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