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sophisticated ladies di
Fabio Cerbone (25/03/2013)
Il concetto è abbastanza semplice, nonostante Tift Merritt e Simone
Dinnerstein si sentano in dovere di spiegarcelo nei minimi dettagli: lo fanno
attraverso un'intervista doppia pubblicata all'interno dello stesso booklet, dove
raccontano il loro incontro artistico sui generis, nato quasi per caso dopo che
la rivista Gramophone le ha messe a confronto per un simpatico scambio di esperienze
artistiche. Prendete dunque da una parte una cantautrice tra le migliori dell'ultima
generazione Americana, voce country angelica che ruba i segreti migliori all'eroina
Emmylou Harris; aggiungete dall'altra una delle più stimate e giovani pianiste
classiche di New York (diplomata alla Juilliard School come allieva di Peter Serkin
e arrivata al riconoscimento nazionale nel 2007 grazie all'esecuzione delle variazioni
Goldberg di J.S.Bach).
Fatele a questo punto incontrare a metà strada.
Ognuna deve rompere le barriere del suo genere, ognuna deve completarsi per forza
nella musica e nell'educazione dell'altra, lasciando qualcosa di conosciuto alle
spalle per il puro rischio dell'ignoto. Affascinante sfida messa in questi termini,
che sono poi gli stessi che Tift Merritt e Simone Dinnerstein raccontano con una
certa convinzione nel decantare questo progetto, registrato presso l'American
Academy of Arts and Letters di New York. L'esito finale si intitola Night,
album idealmente ambizioso in cui due universi in apparenza incomunicabili, quello
stiliticamente accademico e quello popolare della canzone folk provano a contaminarsi.
Tutto qui dunque: non che la cosa sia più complicata di quanto vogliano far credere,
tra una Merritt che si mette alla prova vocalmente con Night
and Dreams (Nacht und Traume di Franz Schubert) e una Dinnerstein che
prova a inseguire con piglio più improvvisato e meno teorico composizioni appositamente
scritte per il progetto, da Patty Griffin (la stessa title track) a Brad Mehldau
(I Shall Weep at Night).
C'è tempo
anche per recuperare in chiave acustica qualche brano della Merritt (Still
Not Home ad esempio, dal recente, ottimo Traveling
Alone), tanto per giustificare la scaletta, e di ragionare sull'altra
sponda, quella classica con il "Preludio in Si minore" dell'amato Johan
Sebastian Bach (un minuto e mezzo che pare collocato un po' a casaccio nell'album).
Purtroppo tutto suona soporifero e sostanzialmente inutile nel dimostrare la stessa
tesi di fondo: gli obiettivi saranno anche chiari, i risultati assai meno comprensibili
e alla fine se la cosa migliore che spunta all'orizzonte è il traditional Wayfaring
Stranger una ragione ci sarà pure. Con una punta di conservatorismo,
me ne rendo conto, ma ciascuno alla fine faccia soltanto il suo mestiere. È decisamente
meglio, date retta.