Old Crow Medicine Show
Carry Me Back
[
ATO 
2012]

www.crowmedicine.com

File Under: bluegrass, old timey ballads, folk e country stompers

di Emilio Mera (30/07/2012)

Carry Me Back ovvero portami indietro, portami indietro nel tempo quando ancora si sudava nei campi di tabacco, quando la semplice vita rurale ti sfiancava fino al weekend quando era tempo di birre, sbronze e buona musica. Gli Old Crow Medicine Show si confermano il migliore bluegrass combo del pianeta che suona come un'antica prewar string band filtrata attraverso il sound delle Blue Ridge Mountain, con quell'immediatezza ed energia propria del punk. Nonostante alcuni vecchi fans non avessero ben digerito la produzione, fin troppo leccata, di Don Was nel precedente Tennessee Pusher, uscito ben 4 anni fa, i vecchi corvi avevano già dimostrato una certa maturità compositiva, confermata con questa loro nuova fatica. Il loro sound non ha perso la carica e l'energia degli esordi anche se in un certo senso si è affinato, smussando gli angoli più grezzi e appuntiti, avvicinandoli agli Avett Brothers e alla Carolina Chocolate Drop Band.

Non è facile riuscire a unire due secoli di musica americana ma la band di Nashville riesce a farlo alla grande. Con loro rivive lo spirito di Woody Guthrie, di Mississippi John Hurt, di Hank Williams, di Leadbelly della Carter Family e degli Stanley Brothers ovvero i capisaldi della musica roots e tradizionale americana. Prodotto da Ted Hutt (Lucero, Gaslight Anthem) al mitico Sound Emporium di Nashville, il nuovo album conferma gli OCMS come una delle migliori band americane in circolazione. Durante tutta la sua durata (solo 37 min.) si ha la sensazione di sentire un gruppo di amici suonare per strada o nel portico di casa, mantenendo inalterata quella loro intimità e spontaneità. Il suono rimane marchiato dal basso stand up di Morgan Jahning, dal gutjo (sorta di banjo) di Kevin Hayes, dal fiddle del leader e cantante Keith Secor, dal mandolino di Cory Younts e dal banjo di Willie Watson.

E Carry Me Back parte proprio da quello spirito dei "Medicine Show" ovvero di quegli spettacoli dell'800 dove alcuni prodotti medicinali "miracolosi" venivano reclamizzati attraverso spettacoli intineranti e musica irlandese come l'iniziale Carry Me Back To Virginia, una irish folk song che ricorda i Pogues e che racconta della voglia di un vecchio soldato di tornare nella sua terra d'origine. L'ironica We Don't Grow Tobacco (sorta di inno che critica contro chi non voglia lavorare nei campi nonostante la forte disoccupazione americana) è una rilassata porch song ben cantata da Keith con il fiddle in bella evidenza. Levi è una old time ballad che racconta la storia di un fan del Nord Carolina morto nel 2009 durante la guerra in Iraq, mentre il singolo Bootlegger's Boy è un footstomper suonato a tutta velocità. Ain't It Enough è un tipico waltz dylaniano, una love song romantica e poetica con tanto di armonica e chitarra acustica. L'indiavolata Mississippi Saturday Night è suonata a tutta birra mentre Genevieve rallenta il passo con una medium tempo ballad di qualità sopraffina, il tipico brano che puoi aspettarti da Guy Clark o Townes Van Zant. Carry Me Back è un album che nella sua semplicità suona originale come la riuscita Country Gal, una country song che fa il verso di "Hey Good Lookin" di Hank Williams. Se Sewanee Mountain Catfight è un fiddletune ben riuscito e Steppin Out un ragtime che ricorda Carolina Chocolate Drop Band, la finale Ways Of li avvicina alle ultime cose degli Avett Brothers con Critter Fuqua (uno dei fondatori originari) reintegrato nella band e Jim Lauderdale alle voci come illustre ospite.

Gli OCMS si confermano una band senza tempo capace di ripescare i suoni del passato filtrandoli con il gusto odierno, con tanta freschezza e originalità per il secolo a venire.



    


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