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son of an outlaw di
Fabio Cerbone (06/05/2013)
In parte la rimonta artistica di Shooter Jennings era già iniziata con
Family
Man nel 2012: con molti se e diversi ma, sia chiaro. Oggi passa attraverso
queste undici tracce che si riappropriano, con un certo orgoglio, oseremmo dire,
del suo pedigree di fuorilegge o quanto meno di figlio predestinato del country
rock più "outlaw", lui che lo ha respirato in famiglia sin da bambino. Sulla questione
Shooter ha qualche sassolino dalla scarpa da togliersi con soddisfazione: ce lo
fa sapere in Outlaw You e spiega perché quella
definizione scomoda (ma fortunata), appiccicata al padre Waylon e al partner di
scorribande Willie Nelson non sia un abito da indossare per la festa, un atteggiamento
posticcio da inserire nelle canzoni e nel look, soltanto per sembrare dei banditi
a comando. Non fa nomi il nostro Jennings jr. ma si capisce che l'obiettivo è
un certo country formato deluxe che arriva da Nashville e che poco ha da spartire
con la radice del genere.
The Other Life è certamente un
album dalle solide fondamenta seventies, un ritorno deciso al country elettrico
degli esordi con cadenze sudiste: un primo colpo d'occhio lo possiamo dare su
The White Trash Song, brano di Steve Young
cantato in coppia con l'amico Scott H Biram, su A Hard
Lesson to Learn e soprattutto sullo spumeggiante galoppare di Mama,
It's Just My Medicine (il finale però è confuso). A detta dello stesso
autore rappresenta l'altra faccia della medaglia, dopo lo sguardo di Family Man,
ritratto degli affetti familiari e di un musicista che finalmente "metteva la
testa a posto". Qui al contrario si raccoglie il "dark side" di Shooter
e, diciamolo subito, è quello che convince di più, con un po' della carica rock
che apparteneva a lavori quali The Wolf o Electric Rodeo: tra robusti honky tonk
elettrici (il manifesto The Outsider, che
in principio doveva dare titolo al disco) e ballate spezzacuori (ricca di pathos
e melodioso country alla George Jones The Other Life, classica al primo
istante Wild & Lonesome, in duetto con Patty
Griffin) riconosciamo una voce credibile per il genere, capace di immettere nuova
linfa, pur conservando stile e regole del passato.
Almeno cinque le canzoni
nate durante le sessioni del precedente album, a sottolineare la natura doppia
dei sentimenti di Shooter, ma accantonate proprio per il loro umore più scuro
e contraddittorio, una visione più realistica, diretta della vita on the road
del musicista e degli effetti (nonché errori) che inevitabilmente produce. Sarà
per questo aspetto "dark" citato poc'anzi che Shooter si è fatto un po' prendere
la mano dal suo immaginario, scegliendo uno strano ibrido tra southern soul e
space-rock alla Pink Floyd per aprire le danze: Flying
Saucer Song è un pasticcio che ci ricorda quanto i dischi di Jennings
siano spesso popolati da colpi di testa, divagazioni, anche esagarate scelte di
arrangiamento. Il difetto si accentua quando arriva il vocione insopportabile
di Jim Dandy dei Black Oak Arkansas, a rovinare un po' la solidità di 15 Million
Light Years Away, un blues sudista dalla dura pellaccia, abbandonandosi alla
fantasia e prendendo per le corna il finale di The Gunslinger, trasformata
da epica ballata rock in una scia per pedal steel e sax gorgogliante. Bentornato
a casa dunque...nonostante qualcosa non sia ancora al posto giusto.