File Under:
cowpunk di
Christian Panzano (20/06/2013)
I Supersuckers di Eddie Spaghetti anni fa si autoproclamarono la più grande
rock band del mondo (How the Supersuckers Became the Greatest Rock and Roll Band
in the World, antologia del 1999). Detto questo è detto tutto. Crollava il muro
di Berlino, l'Europa ritrovava la sua calma apparente abbattendo le frontiere
a est, gli Stati Uniti incominciavano ad avere paura della Cina ma non lo dicevano
a nessuno, l'Italia iniziava a capire che la svalutazione della moneta aveva vita
breve, ma che un'altra spranga al cerchio la si poteva dare e nella musica c'erano
i Nirvana e Jeff Buckley. Ora, che la premiata ditta Spaghetti & co. si considerasse
la band più ganza del globo, credo che a pochi avrebbe potuto interessare.
Di
quella esperienza si può al più salvare la griffe firmata Sub Pop e un bell'album
come Must've Been Hig che spara il gruppo nel pantheon del cowpunk di fine
anni novanta. I Supersuckers non si sono sciolti, benchè l'ultimo loro apporto
al rock mondiale sia da datare al 2008. Spaghetti col suo lavoro solista delinea
nella pratica una continuità di quella esperienza, il senso mainstream alla vicenda
del gruppo di Tucson. Devo dire che ascoltando One Man
Job, quindi siamo già sul finale dell'album, mi si sono palesati scenari
di un'America battuta da scarponi ferrati, l'America polverosa ma anche in festa,
l'America metropolitana di Carver, di Elmore Leonard, quella desertica di John
Ford o di George Jones, ognuno scelga la sua. Ma mi sono fermato lì. C'è da fermarsi
perchè di scenari in musica spesso è meglio non parlare, come è meglio tacere
su eventuali paragoni con la letteratura o con la tradizione. Eppure è effettivamente
il finale che mi induce a parlare di album buono per metà.
Chitarre buona
la prima che, come dire, si lasciano letteralmente andare al trepidare shuffle.
L'inizio potrebbe far pensare ad un animale bifronte dove una faccia assomiglia
a quella di Ryan Bingham e l'altra a quella di Joe Strummer. Cowpunk per l'appunto,
e di questo animale bruttarello si è detto tanto e troppo nella storia musicale,
soprattutto americana. Spaghetti dà, a mio parere, il meglio di sé, sagacia ed
esperienza, in pezzi come When I Go I'm Gone
dove già la scrittura diventa un ricamo ordinato su tiepide coperte rock. Più
che in spacconate alla Empty, un grunge insipido
dopo un minuto d'ascolto, spingerei a paletta la frizione per il cambio e tirerei
dritto verso una sana tradizione, con rispetto e acume, proprio come dimostra
bene di fare il nostro Eddie per la cruna o poco più dei pezzi di questo The
Value of Nothing.