Spain
The Soul of Spain
[
Glitterhouse 
2012]

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File Under: chamber pop, musica per l'animaa

di Emilio Mera (01/06/2012)

Non sempre è una fortuna essere figli d'arte. Magari sarai facilitato nel compiere i primi passi, ma questo vantaggio lo pagherai con continui paragoni con chi ti ha dato i natali. A parte rari casi (Jeff Bukley, Rufus Wainwright) devi essere capace di scrivere la tua musica, dandogli una propria impronta e anima. Lo sa benissimo Josh Haden, figlio del noto musicista Charlie (alter ego di Ornette Coleman) che riuscì a farsi notare nel 1995 con quel capolavoro che era The Blue Moods Of un disco che fece scalpore e che ben presto divenne un "classico" (Wim Wenders si interessò per la colonna sonora di "End Of Violence", Johnny Cash reinterpretò Spiritual in American Recordings II). A metà dei Novanta si parlava di Slowcore (proprio quando stava finendo il grunge) un genere non da tutti digerito: una musica notturna, viscerale, silenziosa, che prendeva spunto da quella linea immaginaria che univa i Velvet a Chet Baker, i Cowboy Junkies e i Tindersticks a Billy Holiday (basti ricordare gruppi come i Codeine, Pedro The Lion e Red House Painters di Mark Kozelek).

Poi due semplici album di folk rock (She Haunts My Dreams e I Believe) infarciti di pop orchestrato, dove gli Spain, che sono stati sempre un affare di famiglia (partecipano sempre le tre sorelle), divennero un mero pseudonimo per il suo leader. E ora, dopo 11 anni di silenzio, il ritorno in grande stile con un album elegante, ipnotico notturno con quell'introspezione, quell'alone di mistero tipico del "mood Spain". Anche la copertina rimanda all'album uscito nel '95, ritraendo una donna con quel velo misterioso in vestito da sera (nell'esordio un'altra ragazza si toglieva la spallina). Ma Josh Haden con The Soul Of Spain fa ancora di più: evolve il suo mood con un sound che ha la sua "anima" e la sua personalità ricca di chitarre liquide e narcolettiche, tocchi di piano e hammond, il tutto con l'abilità di colpirci ancora una volta dritti al cuore, proprio come fece con quell'indimenticabile esordio. Josh non sbaglia una nota (a parte forse Miracle Man canzone hard blues che sa di oriente, purtroppo non molto riuscita) e già l'iniziale Only One è il biglietto da visita perfetto, una ballad lenta e avvolgente con tocchi di chitarra e piano che s'incollano in testa.

Il valzer elettrico di Without a Sound rimanda a Chris Isaak mentre I'M Still Free è avvolta da un hammond e da un cantato da brividi sulla pelle ("sono ancora libero e lo voglio raccontare al mondo"). Because Your Love è forse la canzone più riuscita della raccolta, un brano che si discosta dal mood generale dell'album ma che possiede una forte carica adrenalinica grazie a un ritornello irresistibile costruito su riff di chitarre lancinanti. Se Falling tenta di riprendere il verso di Spiritual, I love You è una dichiarazione d'amore appena sussurrata e soffusa dalla voce di Josh. All I Can Give ricorda i passati anni '90 mentre Walked On the Water è un'invocazione religiosa jazzata e notturna, punteggiata dal violino della sorella Petra, dal violoncello di Tanya Haden e dai cori della terza sorella Rachel. Sevenfold è un omaggio al Neil Young più intimo e malinconico mentre la finale Hang Your Head è il brano più scheletrico e rallentato della raccolta (tanto da rimandare ai Low) con quell'andare ripetitivo, ipnotico e quasi psichedelico. Se il blues è la musica dell'anima, il blues degli Spain èmusica PER l'anima. A volte i maestri ritornano… Lo dico sussurrandolo e a voce bassa, quasi in silenzio: un grande disco.



    


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