:: Mandolin' Brothers, intervista
Aggrappati a un sogno

La dedizione con cui si è spesso chiamati a tenere insieme una band non è una nota a margine, semmai la distinzione fra chi riesce tenacemente a restare in piedi e chi deve soccombere alle richieste pressanti di questa passione chiamata rock'n'roll. I Mandolin' Brothers sono la dimostrazione che si può rimanere aggrappati ad un sogno, coltivarlo con pazienza, suonando ogni week end e lasciando che i dischi nascano quando davvero ce n'è bisogno, senza fretta. Se poi questi ultimi sono piccoli capolavori di roots rock di marca italiana - e Still Got Dreams ha canzoni, suoni e produzione (Massimo Visentin) che valgono decine di outsider americani - allora significa che la passione, e la conoscenza aggiungiamo noi, dei Mandolin' Brothers si è trasformata in qualcosa di più concreto. Abbiamo parlato della lunga strada sin qui percorsa, dei tanti cambiamenti, anche dolorosi, affrontati e naturalmente dei "sogni" da coltivare insieme a Jimmy Ragazzon e Paolo Canevari, storici membri del gruppo attorno ai quali oggi si sono coalizzati vecchi e nuovi protagonisti: Bruno de Faveri alle chitarre e mandolino, Giuseppe "Joe" Barreca al basso, Riccardo "Macca" Maccabruni alle tastiere e Daniele Negro alla batteria.
(a cura di Fabio Cerbone)

www.mandolinbrothersband.com


L'intervista

La storia dei Mandolin' Brothers parte da molto lontano: avete affrontato diversi cambi di formazione negli anni. Cosa pensate vi abbia tenuto insieme in tutto questo tempo? È solo un questione di passioni musicali comuni o c'è stata una sorta di visione che ha unito i vecchi e i nuovi arrivati?

J : Inizialmente ci piaceva l'idea di essere una band, di poter suonare la musica dei nostri musicisti preferiti. Poi col passare del tempo, trovando maggiore convinzione nei nostri mezzi, abbiamo avuto una idea più personale, componendo brani nostri e proponendoli nei concerti, fino alla realizzazione del primo cd "For Real". Con questa ultima formazione, crediamo di essere finalmente completi ed affiatati.
P : i cambi di formazione sono stati molti, e in 30 anni di attività abbiamo passato periodi molto travagliati. La coesione della band deriva dalla amicizia che ci lega e dalla visione di un obiettivo musicale comune, inteso come risultato "artistico" e non di "successo o notorietà".

Avete sempre dedicato molta attenzione e pazienza all'incisione dei vostri dischi, pochi forse ma molto pensati. Ad ogni modo viene spontaneo chiedervi come mai sono trascorsi così tanti anni dal precedente lavoro For Real, ormai del 2001. Solo esigenze di tempo, impegni personali o qualcosa d'altro?

J : Purtroppo con il blues e generi limitrofi, in Italia non ci si campa ed avendo tutti un "day job", famiglia, altri impegni,"disastri personali" ecc. i tempi si sono fatalmente allungati.
P : Un mix di tutti i fattori citati uniti da un cambio di line up, che ha molto influito.

Cosa ci potete raccontare del lavoro di produzione con Massimo Visentin: mi pare davvero che sia stato un punto di svolta per dare un suono più maturo a questo disco, sbaglio? Raccontatemi un po' di come si è svolto il lavoro in studio di registrazione…

Il ruolo di Massimo è stato fondamentale ed insostituibile, non solo dal punto di vista tecnico ma anche da quello "artistico": soprattutto ci ha indicato dove "togliere" , dove suonare meno per lasciare spazi di "respiro" e tenere solo le cose veramente necessarie e caratterizzanti. Inoltre ha usato alcuni "vecchi trucchi" per registrare molto interessanti… Sul sito della band (mandolinbrothersband.com) è pubblicata, sotto il titolo di "Genesi di Still Got Dreams", la storia delle registrazioni…con qualche aneddoto simpatico.

Passando ad alcune canzoni: da dove nasce il testo per un brano come Saigon? Una suggestione cinematografica, Apocalypse Now mi pare ovvio, o qualcosa di più?

J : Sono cresciuto in un ambiente di sinistra e ho seguito molto, anche di rimando, la guerra del Vietnam, quella che è stata definita "la prima guerra rock'n roll". Si svolgeva in contemporanea con il massimo fulgore del rock e mi ha sempre molto interessato. Ho letto dozzine di libri sull'argomento (ne posseggo una piccola collezione), visto tutti i film e sono andato a verificare di persona nel 2002, con un indimenticabile viaggio in Vietnam. Ho comunque sempre avuto una grande passione per l'Asia in generale, che ho soddisfatto in molti viaggi, anche se ho ancora tanto da vedere.
P : Jimmy ed io siamo cresciuti in un periodo durante il quale nei telegiornali si parlava quotidianamente di Hanoi , di Saigon, del Delta del Mekong, della guerra nel sud est asiatico e dell'universale movimento di protesta contro quel conflitto…non potevamo rimanerne indifferenti. Era ed è una priorità schierarsi per la pace.

L'immaginario contenuto in alcune canzoni come la stessa Still Got Dreams, ma penso soprattutto a Went to See the Poet o Carton Box sembra legarsi moltissimo all'esperienza della letteratura beat e di un certo periodo culturale americano: sono influenze concrete nella musica e nei testi dei Mandolin' Brothers?

J : Assolutamente si. Jack Kerouac, Allen Ginsberg, William Burroughs e Bob Dylan mi hanno influenzato tantissimo. Li ho letti e riletti, ascoltati e riascoltati. Sono convinto che abbiano ancora un grande ed importante messaggio da offrire anche alle generazioni del nuovo secolo: la ricerca della pace e della ugualianza, di un metodo di vita che rispetti la natura, la curiosità verso tutta la cultura e le tradizioni di ogni popolo, l'interesse per il tuo prossimo e per gli oppressi di tutto il mondo, sono valori sacri ed immortali. Quindi è giusto e logico che molte delle cose da loro scritte o cantate, influenzino i testi delle canzoni che scrivo.
P : Non scrivo i testi ma sulla strada l'ho letto 8 o 9 volte…la prima cosa che feci, letteralmente, quando arrivai a San Francisco fu di catapultarmi al City Light Bookshop ed al Caffè Vesuvio….ancora prima di andare in pellegrinaggio ad Haight Ashbury..e detto da un fanatico di Jerry Garcia quale sono io, è detto tutto !!!

Insane invece mi è parsa subito una delle canzoni più particolari, perché sembra discostarsi un po' dal vostro stile più "sporco" e bluesy. C'è una cura delle parti vocali e una generale atmosfera folk che rimanda quasi alla West Coast. Avete mai pensato di dedicare più attenzione a questa sorta di anima acustica della band, magari anche dal vivo?

Certo, la passione per le atmosfere west coast non ci lascerà mai. Abbiamo anche un quartetto acustico con un repertorio diverso di canzoni, e ci stiamo lavorando per poterlo migliorare. E' comunque difficile, almeno nei concerti, rendere bene o almeno decentemente, brani con voci armonizzate e strumenti acustici, dato che spesso le situazioni tecniche che troviamo lasciano a desiderare…comunque ci piacerebbe prima o poi, riuscire ad avere un "acoustic set" in ogni nostro concerto, ed approfondiremo il discorso nel prossimo album.

Il nome della band richiama immediatamente un preciso filone tradizionale della musica americana: dove nascono in realtà le radici musicali dei Mandolin' Brothers, quali gli ascolti che hanno formato il sound del gruppo?

Le nostre radici musicali? Un enorme calderone …in principio Beatles e Stones. Poi Dylan, la west coast, Grateful Dead e CSN&Y in primis. Dagli Stones e dal British Blues abbiamo avuto lo spunto per conoscere e approfondire il blues originario del delta, di Robert Johnson, quello di Chicago di Muddy Waters, Howlin' Wolf ecc…e al di la dei Led Zeppelin non ci hanno mai interessato l'hard rock ed i suoi derivati. Però non dimentichiamo Ry Cooder, Tom Waits, Los Lobos, Steve Earle, il Boss ecc. ecc. La fortuna di crescere durante i '70 è stata anche quella di essere esposti a tutte le espressioni musicali e culturali possibili…tornando dal concerto di domenica scorsa, in macchina parlavamo di Coltrane e di Bach…abbiamo ascoltato di tutto e in un modo o nell'altro questo "tutto" ci ha influenzato ...e ne siamo felici !

Si conserva una forte matrice blues e southern all'interno del gruppo, e il finale con Midnite Plane e I'm Ready lo dimostra: come si sviluppa il suono dei Mandolin' Brothers dal vivo? Sentite la voglia e la libertà di improvvisare e ed allargare il vostro sound rispetto agli spazi più ristretti del disco?

J : Abbiamo ancora qualcosa da imparare riguardo alle dinamiche di un concerto live. Cerchiamo comunque di rendere al meglio i nostri brani, spesso cambiando gli arrangiamenti originali, magari dilatandone la durata e proponendo varie covers che ci piacciono, in modo personale, o almeno così ci piace pensare. A questo proposito vorrei ricordare che il 25 aprile allo Spazio Musica di Pavia, registreremo il nostro album live. Siete tutti invitati.
P : Torno alle mie origini musicali…le mie prime band erano in pratica dei prototipi di jam band e il mio istinto sarebbe quello di seguire il mood del momento …..ma in questo modo non si garantirebbe una omogeneità di qualità per ogni concerto. Con questo non voglio dire che suoniamo sempre le stesse cose, c'è una parte di improvvisazione e spesso i brani assumono un "colore" diverso a seconda delle situazioni e degli stati d'animo dei musicisti. A dire il vero i nostri concerti non sono mai uno uguale all'altro...

Nel corso del 2007 avete avuto l'opportunità di suonare alcune date negli States: cosa vi siete portati a casa dall'esperienza americana? Dai musicisti che eventualmente avete incontrato e soprattutto dal pubblico americano, dal loro modo di vivere la musica...

Le esperienze musicali negli States, in Florida, sono state utilissime, ci hanno insegnato molto soprattutto dal punto di vista dell'approccio e dell'intenzione con cui si suona. Il responso favorevole di pubblico è stato come un'iniezione di autostima. Il confronto con i musicisti una lezione , anche di modestia, insostituibile. Anche per il recente viaggio ad Austin, abbiamo avuto la fortuna di suonare con gente del calibro di Merel Bregante, (storico batterista di Loggins & Messina, Nitty Gritty Dirt Band, Chris Hillman ecc.) Lynn Daniel (Willie Nelson Band) e la "grandissima" Cindy Cashdollar. Davvero emozionante…e poi ascoltare ogni sera musicisti di altissimo valore non può che caricarti ulteriormente.

Sembra esserci una scena italiana molto vivace in questi anni per il recupero di alcune sonorità roots americane, l'abbiamo toccata con mano anche sulle pagine del nostro sito. In particolare però penso ad un luogo come Pavia e ai musicisti che ruotano intorno a Spazio Musica, tra cui Maurizio "Gnola", i Rude Mood, recentemente Lowlands e Southlands. Sentite questo spirito di comunità e una certa vicinanza con altri musicisti?

Certo, sentiamo di far parte di una sorta di comunità musicale …che è nata spontaneamente. Non dimentichiamo che in zona ci sono anche i Chicken Mambo, i Southlands, i FolksWagon con i quali ci sono scambi musicali e collaborazioni. Il collaborare, il confrontarsi ed essere in contatto con altri musicisti è stimolante e fonte di accrescimento musicale, personale e culturale. Come dicono i nostri comuni amici Marco Denti e Mauro Zambellini, facciamo tutti parte della "Scena dell'Oltrepò", che è in continua espansione.

 



 


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