![]() ![]() |
![]() |
|
Acquista
(#pubblicità)
![]() |
Condividi
![]() |
![]() |
Shortcuts #2: Mac Leaphart; Josh Morningstar; David Luning; Michael Menager | |||||||||
a cura della redazione di RH |
|
|
|| Mac Leaphart ||
|
![]() |
||
Country rock scanzonato e dai contorni rurali, da una parte il Texas dei fuorilegge dall’altra la Nashville dei rinnegati, Motel Breakfast è la logica prosecuzione del precedente Music City Joke, l’album che ha rimesso in carreggiata Mac Leaphart, songwriter della South Carolina in cerca del colpo di fortuna da una quindicina d’anni. Non sappiamo se riuscirà prima o poi ad acciuffarlo, troppo sincera e dimessa la sua musica per fare breccia anche nell’Americana alla moda di oggidì, ma certo non gli mancano le amicizie giuste: produce ancora Brad Jones e qui e là compaiono nomi di peso come Fats Kaplin, Matt Menefee, Kenny Vaughan, mentre l’amico Ben Chapman duetta nello swamp sudista di Walking Slow Down a Busy Street. Spassoso, ironico, un passo verso l’hillbilly music più rustica (Blue Ridge Blue, Girl from Tuscaloosa) e un altro verso il rock’n’roll (Rock’n’roll Hey, come da titolo), con molto honky tonk nel mezzo (Rosey) e tramonti romantici a far scorrere la strada sotto le ruote (Letters from the earth), Motel Breakfast è un altro ramo del grande albero seminato da John Prine, Billy Joe Shaver e Jerry Jeff Walker tanto tempo fa. Bella compagnia, non c’è che dire, e bravo Mac Leaphart.
|
||
![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
|| Josh
Morningstar ||
|
|
|
![]() |
||
Con uno sguardo ironico nelle liriche (l’apertura acustica di The I Can't Write A Song Song) e una biografia personale che è già di suo un bel guazzabuglio di curve e deviazioni, dalla tossicodipendenza ormai superata a qualche giro nelle patrie galere, Josh Morningstar racconta la dura strada del folksinger con il pigro passo country del maestro John Prine e dei tanti suoi discepoli. Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei, per cui basterebbe leggere i nomi degli amici che hanno collaborato alla stesura di alcune canzoni di questo omonimo album per delimitare il raggio d’azione di Josh: da Livin' The Dream firmata con Brent Cobb a As Fast As She Can Go con Hayes Carll. Dal canto suo Josh Morningstar ci mette una naturale propensione verso quel suono laid back che sa di country d’autore e piccole sortite nell’honky tonk più galoppante ed elettrico, come una Get By (We're All Just Tryin' To Make It) che sarebbe piaciuta al giovane Todd Snider. Il terreno è simile, così come il curriculum di Morningstar, uno che dal nativo Maryland si è spostato inevitabilmente a Nashville, scrivendo canzoni per Vinge Gill e soprattutto per l’amico Cody Jinks, lo stesso che gli ha offerto un “posto” nella sua etichetta personale..
|
||
|
|
|
|| David Luning ||
|
![]() |
||
Avremmo giurato si trattasse di un songwriter texano: voce, suono, ispirazione, tutto conduceva da quelle parti, e invece David Luning arriva dalla California, dove ha registrato il suo nuovo album in un granaio convertito in studio dalle parti di Petaluma. Lessons è il terzo lavoro discografico di Luning, che aveva cominciato a far circolare il suo nome grazie al precedente Restless, poi bloccato inesorabilmente dall’esplosione della pandemia. Inevitabile forse la svolta intima nella sua musica, descritta come una forma terapeutica di reazione al caos, con ballate dai forti tratti autobiografici. Colpisce la voce, molto densa e dal taglio “outlaw”, anche se l’introduzione più elettrica di Every Day I Am resta un po’ isolata (giusto il taglio moderno di The Way It Goes) rispetto a un repertorio che predilige tonalità in chiaroscuro e ritmi blandi: il country dark di Down Below e della stessa Lessons, per esempio, ma meglio ancora il racconto acustico e amoroso di Ain’t Easy to Love Me e The Moon Looks Cool Tonight, con un lavoro del produttore Damien Paige Lewis (Wood Brothers, Larkin Poe) che tende a dilatare i suoni facendo emergere la voce del protagonista. Sulla distanza non tutto sembra reggere il peso di questa introspezione.
|
||
![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
|| Michael
Menager ||
|
|
|
![]() |
||
Leggere la biografia di Michael Menager è come entrare nelle pagine di un romanzo di letteratura beat: un signore, probabilmente sulla settantina, che ha fatto del viaggio, degli incontri e naturalmente della musica i punti cardinali di un’esistenza dedicata alle sue passioni. Di origini californiane, studente a San Francisco negli anni della rivoluzione hippie, professore amante della letteratura e della poesia, Menager ha preso le strade del mondo, ritrovandosi così in Algeria, poi a Parigi e stabilendosi infine in Australia, dove è iniziata la sua tardiva carriera discografica. L’esordio nel 2015 con l’album Clean Exit, seguito un anno dopo da Not the Express, nati dalla collaborazione con il songwriter Heat Cullen e coinvolgendo musicisti di assoluto valore come il batterista Jim Keltner. Line in the Water, uscito nel settembre del 2023 in Australia, è un altro bel disco di country folk d’autore con scure inflessioni blues, inciso con il sostegno del trio The Devil’s Creek Rounders e la produzione del citato Cullen. Le ballate di Menager, dall’evidente taglio poetico, mostrano un sound che ricorda da lontano lo stile di T Bone Burnett e John Prine. Suoni minimali, per lo più acustici, e una bella voce matura e distensiva sono tutto quello che serve a Line in the Water per arrivare a segno con precisione.
|