 |
Silver
Jews
Lookout Mountain, Lookout Sea
[Drag City 2008]
 
Pare proprio che se ne siano accorti un po' tutti: il leit motiv che ha
accompagnato la nuova uscita di David Berman, in arte Silver
Jews, è stato quello di una presunta maturità nel segno
del classicismo folk rock, come se sotto la cenere di quel songwriting
sempre così surreale e astratto, non covasse da sempre il desiderio
esplicito di farsi musicista "adulto" e di razza. Lookout
Mountain, Lookout Sea sarà senz'altro un disco più
solare e divertito dei predecessori, specialmente del tormentato eppure
ispiratissimo Tanglewood
Numbers, ma non per questo si discosta da un percorso artistico
assai preciso e tracciato con acume negli ultimi dieci anni, per lo meno
a partire dal dopo American Water e Natural Bridge, accoppiata che aveva
sancito il ruolo di condottiero dell'indie rock americano per un artista
quanto mai schivo ed introverso.
Ora Berman si è deciso a mettere la testa fuori dal guscio, intensificando
persino l'attività dal vivo e traducendola in un disco più
brillante e per l'appunto classico. Suonano allora meno sorprendenti e
sblenche le melodie di What Is Not But Could
Be If, Strange Victory,
Strange Defeat, della dolcissima e
cullante We Could Be Looking for the Same Thing,
questo è certo, eppure mai scontate o peggio gettate al vento senza
cognizione di causa: uno scintillare folk rock che assapora elementi della
tradizione sempre apertamente amati da Berman con scampoli dei 60's, pop
stralunato, omaggi ai Velvet Underground, ai Byrds, ad una canzone rock
che sappia essere ironica, surrealista, dunque mai banale. Anche perchè
Silver Jews significa ancora un passo verso arrangiamenti bislacchi e
storie strampalate, basterebbero la filastrocca con un piano imbizzarrito
(Tony Crow dai Lambchop) di Aloysius, Bluegrass
Drummer e i sei minuti di talkin' loureediano in
San Francisco B.C. per ricredersi sul personaggio.
Il linguaggio dei Silver Jews questa volta è soltanto più
mansueto e abbandonato all'estro del momento: non sempre d'altronde si
può essere avviliti e tanto vale affondare la faccia nel luccichio
pop di Suffering Jukebox e Open
Field, nelle trame country aggraziate di Candy
Jail, tutte segnate dall'essenziale apporto della seconda voce
femminile di Cassie Berman e con le frizzanti chitarre di Peyton
Pinkerton e William Tyler a dare manforte. Il tempo per essere rabbuiati
diventa uno sfizio relegato alla scura, desertica
My Pillow Is the Threshold: c'è da giurare che qualcuno
avrebbe voluto vedere i Silver Jews piegarsi su queste corde musicali
per l'intero Lookout Mountain, Lookout Sea. Non è accaduto e nonostante
tutto il disco ne ha tratto giovamento: un altro passo impercettibile
ma fermo verso la solidità di una carriera con poche ombre.
(Fabio Cerbone)
www.silverjews.net
www.myspace.com/silverjews
|