inserito 09/07/2008

Silver Jews
Lookout Mountain, Lookout Sea
[Drag City
 2008
]



Pare proprio che se ne siano accorti un po' tutti: il leit motiv che ha accompagnato la nuova uscita di David Berman, in arte Silver Jews, è stato quello di una presunta maturità nel segno del classicismo folk rock, come se sotto la cenere di quel songwriting sempre così surreale e astratto, non covasse da sempre il desiderio esplicito di farsi musicista "adulto" e di razza. Lookout Mountain, Lookout Sea sarà senz'altro un disco più solare e divertito dei predecessori, specialmente del tormentato eppure ispiratissimo Tanglewood Numbers, ma non per questo si discosta da un percorso artistico assai preciso e tracciato con acume negli ultimi dieci anni, per lo meno a partire dal dopo American Water e Natural Bridge, accoppiata che aveva sancito il ruolo di condottiero dell'indie rock americano per un artista quanto mai schivo ed introverso.

Ora Berman si è deciso a mettere la testa fuori dal guscio, intensificando persino l'attività dal vivo e traducendola in un disco più brillante e per l'appunto classico. Suonano allora meno sorprendenti e sblenche le melodie di What Is Not But Could Be If, Strange Victory, Strange Defeat, della dolcissima e cullante We Could Be Looking for the Same Thing, questo è certo, eppure mai scontate o peggio gettate al vento senza cognizione di causa: uno scintillare folk rock che assapora elementi della tradizione sempre apertamente amati da Berman con scampoli dei 60's, pop stralunato, omaggi ai Velvet Underground, ai Byrds, ad una canzone rock che sappia essere ironica, surrealista, dunque mai banale. Anche perchè Silver Jews significa ancora un passo verso arrangiamenti bislacchi e storie strampalate, basterebbero la filastrocca con un piano imbizzarrito (Tony Crow dai Lambchop) di Aloysius, Bluegrass Drummer e i sei minuti di talkin' loureediano in San Francisco B.C. per ricredersi sul personaggio.

Il linguaggio dei Silver Jews questa volta è soltanto più mansueto e abbandonato all'estro del momento: non sempre d'altronde si può essere avviliti e tanto vale affondare la faccia nel luccichio pop di Suffering Jukebox e Open Field, nelle trame country aggraziate di Candy Jail, tutte segnate dall'essenziale apporto della seconda voce femminile di Cassie Berman e con le frizzanti chitarre di Peyton Pinkerton e William Tyler a dare manforte. Il tempo per essere rabbuiati diventa uno sfizio relegato alla scura, desertica My Pillow Is the Threshold: c'è da giurare che qualcuno avrebbe voluto vedere i Silver Jews piegarsi su queste corde musicali per l'intero Lookout Mountain, Lookout Sea. Non è accaduto e nonostante tutto il disco ne ha tratto giovamento: un altro passo impercettibile ma fermo verso la solidità di una carriera con poche ombre.
(Fabio Cerbone)

www.silverjews.net
www.myspace.com/silverjews


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