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Neko
Case
Middle Cyclone
[Anti/
Self 2009]
 
Da un certo punto di vista completamento artistico di un'opera avviata con
il predecessore Fox
Confessor Brings The Flood - il disco delle consacrazione a livello
critico e di pubblico per Neko Case - Middle Cyclone dipana
ulteriormente quella coltre tradizionalista che avvolgeva gli esordi, saltando
nel buio di una impalpabile spiritualità, di liriche che abbracciano la wilderness
americana, con i loro continui riferimenti alla natura, agli animali, ai riflessi
che questi elemeti esterni imprimono sull'animo umano. Un contrasto evidente peraltro
con quella copertina così spavalda, agguerrita, sprizzante l'intera sensualità
dell'interprete e la sua forza ammaliatrice: Middle Cyclone è viceversa un disco
tutt'altro che passionale e nerboruto, anzi, si dispiega come una lunga coda di
luce che va spegnendosi di minuto in minuto, così preoccupato del suo aspetto
esteriore, dei suoni sfuggenti che ricamano un folk rock anonimo. È
una grande delusione questo disco: non tanto per le potenzialità inespresse o
calpestate dei musicisti coinvolti (i soliti noti membri di Sadies e Calexico
a cui si aggiungono M. Ward, Garth Hudson, Sarah Harmer, in una
parata di stelle), di per sé già un delitto, quanto per l'incapacità di fermarsi
un passo prima della totale disillusione. Proprio così, perché dalla religiosità
del citato Fox Confessor Brings The Flood, dal suo clima ovattato e immaginifico,
qui siamo sconfinati ben oltre, dentro una sequenza di ballate lievissime, inconsistenti,
dove distinguere un brano dall'altro diventa impossibile. Registrato in differenti
location, fra l'amata Tucson, Brooklyn, la madrea patria Toronto e in un vecchio
granaio del Vermont, Middle Cyclone osa persino troppo, si compiace e lascia infine
nelle mani della protagonista un pugno di mosche: essendo la voce di Neko Case
indiscutibilmente una delle più ardenti, declamatorie e fascinose che l'american
music abbia conosciuto da dieci anni a questa parte, fa un certo effetto sentirla
perdersi come una fanciulla impreparata nei meandri di Polar
Nettles, Vengeance Is Sleeping
o della stessa title track, etereo folk che sfiorisce di secondo in secondo.
E con maggiore fatica si riesce a seguire il percorso di questa raccolta
tra lo scintillare vacuo di This Tornado Loves You
e People Got A Lotta Nerve, negli echi sixties
di Red Tide (comunque fra le più coinvolgenti
dal punto di vista interpretativo), cercando un appiglio riconoscibile soltanto
fra il "vecchio" materiale dal respiro noir (Prison Girls
su tutte, in parte anche The Pharaohs) oppure
nelle personali interpretazioni del brano degli Sparks, Never
Turn Your Back On Mother Earth (sorta di manifesto "politico" del pensiero
ecologista di Neko) e in quello firmato da Harry Nilsson (Don't
Forget Me). Accolto con l'immancabile turbinio di esaltanti giudizi,
Middle Cyclone non faticherà a salire sui gradini più alti dell'annata
in corso, c'è da scommeterlo, eppure da queste parti fa l'effetto di un sonoro
ridimensionamento. (Fabio Cerbone) www.nekocase.com
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