File
Under:
blues letter to America
di Pie Cantoni (18/09/2021)
Eric Bibb, in un
campo, solo, con una bandiera americana in una mano e una chitarra acustica
nell’altra. Una copertina con un’immagine semplice e potente al tempo
stesso: l’appartenenza a un paese, a un genere che, nati dal nulla, dalla
nuda terra, sono poi arrivati a colonizzare il mondo. Come dice lo stesso
Bibb, questo disco è una lettera d’amore per gli Stati Uniti, e amore
vuol dire verità. Per cui, in questo disco, il bluesman newyorkese vuole
dire la sua verità sull’America di oggi, per quanto dura e cruda possa
essere, ma è l’unico modo per professare i sentimenti che Eric, esule
in Svezia ormai da anni, prova per la sua nazione. Una nazione divisa,
violenta, spesso razzista, ma anche capace di grande unità nei momenti
duri, di voglia di rialzarsi e di grandi esempi di umanità e coraggio.
Tutti episodi che il giovane Eric vide a partire da suo padre che partecipò
alla marcia di Selma con il Dr. King, che ospitò Bob Dylan di passaggio
al Greenwich Village, che gli fece apprezzare la musica in tutte quelle
forme e influenze che la portarono, da differenti porti di partenza, ad
arrivare in America, ibridarsi con molti altri generi, a mettere radici
e poi trasformarsi in blues, jazz e quant’altro gli USA sono stati in
grado di regalarci in poco più di cento anni di storia musicale.
L’ennesimo disco di una sterminata carriera dell’artista newyorkese inizia
con Whole Lotta Lovin' (con il jazzista
Ron Carter al contrabbasso). Il brano è in perfetto stile Bibb, che miscela,
come solo lui sa fare, blues, musica del west Africa e ritmi caraibici.
Ma i temi sociali sono sempre presenti nelle sue canzoni e infatti ecco
che il tema della violenza sulle donne fa la sua comparsa in Born Of
A Woman. Un blues moderno, con un ritornello pennellato alla perfezione
cantato da Shaneeka Simon, che mette in musica le pulsioni sociali di
Eric Bibb, sempre pronto a dire la sua, che si tratti di razzismo, violenza,
immigrazione o sofferenza umana in genere. Il pezzo forte del disco è
sicuramente Whole World's Got The Blues:
un brano ruvido, dove il virtuoso chitarrista di Memphis Eric Gales,
sottolinea con la sua chitarra elettrica i passaggi più forti e Steve
Jordan tiene il tempo dietro le pelli per un brano veramente ipnotico
e potente.
Un altro passaggio fondamentale del disco è la title track, Dear
America, che inizia con una citazione importante del Reverendo
Martin Luther King per partire poi con un sottofondo di fife & drums che
ci ricorda Otha Turner. Il brano prende forza e, da acustico blues, si
trasforma in un lancinante brano elettrico di portata quasi epica. Altri
brani, altri ospiti, da Chuck Campbell con la sua lap steel in Different
Picture a Billy Branch e la sua armonica in Talkin’ About a Train.
Ancora spazio per temi sociali in Emmett’s Ghost
(che descrive un linciaggio nell’America sudista di inizio secolo e che
ricorda molto quanto successo solo pochi mesi fa a George Floyd) per finire
con due brani che appartengono alla vena più “amore universale” di Eric
(la parte che preferiamo meno, ad essere sinceri) come Love's Kingdom
e One-ness Of Love, dedicata all’amata moglie.
Cinquant’anni di carriera e oltre quaranta dischi per uno dei musicisti
blues più longevi e significativi del genere, che ha saputo allargarne
i confini, ampliarne gli orizzonti e integrarne il linguaggio. Dear
America è una dichiarazione d’amore verso il proprio paese, e
forse non è un caso che sia stata pubblicata il 10 Settembre 2021, alla
vigilia del ventennale dell’avvenimento che più ne ha stravolto la storia
moderna. Ma questa lettera d’amore è sincera e onesta, come dovrebbe essere
sempre il rapporto verso chi si ama. Luci e ombre vengono messe sullo
stesso piano, non è un amore cieco ma un sentimento vero e ben lucido,
maturo e distaccato. Come succede quando due persone stanno insieme da
molto tempo e conoscono pregi e difetti, sperando di poter mantenere gli
uni e migliorare gli altri, non smettendo mai di lottare, ma ben consapevoli
che l’unicità del carattere dipende da entrambi gli aspetti, e gli uni,
senza gli altri, non troverebbero il loro equilibrio.