Ci potremmo stupire della
prolificità di Eric Bibb che, giunto ormai a 73 anni compiuti,
pubblica due album (di grande qualità, tra l’altro) nel giro di poco tempo
e continua a fare concerti a destra e a manca (la scorsa estate anche
in Italia). Ma siccome lo conosciamo da tanto tempo, non ci meravigliamo
più della sua produttività e creatività. Ancora non ha smesso di girare
sul piatto il bel Live
at The Scala Theatre, album che ci da una rappresentazione vivida
e concreta dell’intensità che si respira nei suoi live, che ci troviamo
ad ascoltare e recensire In The Real World, nuovo lavoro
prodotto negli Studios di Peter Gabriel, i famosi Real World Studios,
per l’appunto, con il fidato Glenn Scott nella veste non solo di produttore,
ma anche di autore e musicista factotum.
Quindici canzoni in tutto che mettono in risalto la chitarra e lo stile
da troubador, di raccontastorie, di Eric Bibb, ma con una pletora di musicisti
che aggiungono archi, mandolino, wurlitzer, hammond, campionature a colorare
il disco di tante sfumature differenti. Take
The Stage è la prima canzone del gruppo a mettere in risalto
questo stile da griot, con qualche spruzzata di gospel e una slide
a fare da contrappunto al cantato. Il banjo apre Walk Steady On,
dal sapore appalachiano, mentre Everybody’s Got A Right rientra
nei flussi di coscienza di Eric Bibb, di stampo civilistico, in cui la
sua chitarra è più percussiva che melodica e Glenn Scott si prende la
scena con la sua slide.
Il lato melodico di Bibb esce con Best I Can,
brano nel suo classico canone stilistico e anche il gospel di This
River (Chains & Free) si infila nel medesimo filone. In questa c’è
anche il violino a creare tensione armonica oltre al coro a generare un
dialogo con la voce di Bibb, in un suggestivo botta e risposta. I riferimenti
stilistici si susseguono veloci, dall’Africa Occidentale di If There’s
Any Rule, al Delta blues di King of the Castle, al folk di
Neshoba County, al ragtime di Judgement Day, e contribuiscono
tutti a creare il puzzle sonoro del cosmo musicale di Eric Bibb, complesso
e ramificato.
Quello che ci rimane alla fine dell’ascolto è l’impressione di essere
di fronte all’ennesimo ottimo disco di Bibb, che stupisce per la quantità
di materiale, per la costante ricerca del suono e ovviamente per la qualità
artistica . Se dovessimo trovare un "difetto", potremmo dire
che, con tutte queste uscite di Eric, ormai siamo a corto di parole per
descrivere la sua magnifica musica.