Solomon Burke - Make Do With What You Got Shout!Factory 2004 1/2
 

Inutile negarlo: Don't Give Up On Me ha aperto nuovamente le porte del music-business a Solomon Burke. Con quel disco, classico e particolare al tempo stesso, la Fat Possum fece un lavoro stellare, reintegrando un artista peraltro appoggiato da Elvis Costello, Van Morrison ed altri. La produzione di Joe Henry era stata impeccabile, così come il cantato del redivivo Solomon, al tempo stesso formale e tenebroso. Da quel capolavoro sono passati tre anni e il "re" oggi torna a far gridare l'ugola. Ennesima dimostrazione di quanto lo sciacallaggio imperi nel mondo dei discografici, ecco che il suo nuovo album esce per la Shout! Factory, distribuita dalla Sony. Ma abbandoniamo ogni polemica e torniamo alla musica: anche questa volta Solomon Burke si affida al gotha delle sale d'incisione, Don Was. Make Do With What You Got è però un prodotto più classico, meno ricercato del precedente, pur se riempito ancora da covers di spessore: assistiamo infatti ad un Solomon che, dalla sua poltrona (il peso gli impone di cantare seduto), il suo trono, si dimena in un rock and soul più canonico. Le magistrali interpretazioni di I Need Your Love In My Life (di Coco Montoya) e I Got The Blues (Jagger/Richards) sono accattivanti e, tra una nota e l'altra, trascinano come in un intimo fuoco, nelle chitarre, nei cori, nei fiati e in una voce unica che sa ancora appassionare. Solomon interpreta anche tre brani molto significativi, dalle forti coordinate roots, qui proposti in un soul composto, senza cori né ottoni: penso però che Don Was non abbia voluto calcare la mano, lasciando che What Good Am I? (Bob Dylan), It Makes No Difference (Robbie Robertson/The Band) e At The Crossroads (Van Morrison) conservino una certa radice folk. Le sensazioni sono invece contrastanti per Wealth Won't Save Your Soul: la canzone fu scritta da Hank Williams e sentirla qui, interpretata da un Burke ispirato e accompagnato da piano ed organo, fa un certo effetto. Make With What You Got si chiude proprio con lei: passato l'impaccio iniziale, i quattro minuti della traccia sono per il resto toccanti e neri dentro.
Infine, una nota di colore per gli amanti dei particolari, nati in un determinato momento musicale: fra gli strumentisti, infatti, rispunta Tommy Sims, bassista, nonché vecchia conoscenza fatta nel periodo a Los Angeles di Springsteen (correva il biennio 1992-1993). Make Do With What You Got parla il linguaggio del rock and soul, senza eccessi, dandoci invece la conferma che il redivivo Solomon Burke ha ancora voglia di fare
(Carlo Lancini)

www.thekingsolomonburke.com


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