Inutile
negarlo: Don't
Give Up On Me ha aperto nuovamente le porte del music-business
a Solomon Burke. Con quel disco, classico e particolare al tempo
stesso, la Fat Possum fece un lavoro stellare, reintegrando un artista
peraltro appoggiato da Elvis Costello, Van Morrison ed altri. La produzione
di Joe Henry era stata impeccabile, così come il cantato del redivivo
Solomon, al tempo stesso formale e tenebroso. Da quel capolavoro sono
passati tre anni e il "re" oggi torna a far gridare l'ugola. Ennesima
dimostrazione di quanto lo sciacallaggio imperi nel mondo dei discografici,
ecco che il suo nuovo album esce per la Shout! Factory, distribuita dalla
Sony. Ma abbandoniamo ogni polemica e torniamo alla musica: anche questa
volta Solomon Burke si affida al gotha delle sale d'incisione, Don
Was. Make Do With What You Got è però un prodotto più
classico, meno ricercato del precedente, pur se riempito ancora da covers
di spessore: assistiamo infatti ad un Solomon che, dalla sua poltrona
(il peso gli impone di cantare seduto), il suo trono, si dimena in un
rock and soul più canonico. Le magistrali interpretazioni di I Need
Your Love In My Life (di Coco Montoya) e I Got The Blues (Jagger/Richards)
sono accattivanti e, tra una nota e l'altra, trascinano come in un intimo
fuoco, nelle chitarre, nei cori, nei fiati e in una voce unica che sa
ancora appassionare. Solomon interpreta anche tre brani molto significativi,
dalle forti coordinate roots, qui proposti in un soul composto, senza
cori né ottoni: penso però che Don Was non abbia voluto calcare la mano,
lasciando che What Good Am I? (Bob Dylan), It Makes No Difference
(Robbie Robertson/The Band) e At The Crossroads (Van Morrison)
conservino una certa radice folk. Le sensazioni sono invece contrastanti
per Wealth Won't Save Your Soul: la canzone fu scritta da Hank
Williams e sentirla qui, interpretata da un Burke ispirato e accompagnato
da piano ed organo, fa un certo effetto. Make With What You Got si chiude
proprio con lei: passato l'impaccio iniziale, i quattro minuti della traccia
sono per il resto toccanti e neri dentro.
Infine, una nota di colore per gli amanti dei particolari, nati in un
determinato momento musicale: fra gli strumentisti, infatti, rispunta
Tommy Sims, bassista, nonché vecchia conoscenza fatta nel periodo
a Los Angeles di Springsteen (correva il biennio 1992-1993). Make Do With
What You Got parla il linguaggio del rock and soul, senza eccessi, dandoci
invece la conferma che il redivivo Solomon Burke ha ancora voglia di fare
(Carlo Lancini)
www.thekingsolomonburke.com
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