The Holmes Brothers - Simple Truths Alligator/IRD 2002 1/2

E' un pezzo di storia della black music quello racchiuso nella sigla Holmes Brothers, e lo è soprattutto per New York, città in cui da quasi mezzo secolo si muovono i fratelli Wendell e Sherman Holmes (con l'aggiunta della batteria di Popsy Dixon). Un trio che unisce con straordinarie doti di eclettismo le più disparate anime della musica nera, non ponendo limiti precisi al loro stile. Simple Truths, secondo lavoro pubblicato in casa Alligator, segue di due anni i riconoscimenti ottenuti grazie al precedente Speaking in Toungues, confermando la linea di condotta della band: tra brani originali e cover d'eccezione si ripercorre la storia della musica americana, e non solo quella strettamente nera, scivolando con leggerezza ed eleganza tra squisite fatture country-soul (soprattutto le ballate, vero punto di forza del loro repertorio, grazie anche all'uso splendido delle voci), improvvisi scatti elettrici nel segno del rock-blues più bollente (You Won't Be Livin' Here Anymore, Big Boss Man con la lap steel dell'ospite Greg Leisz), tonalità gospel (We Meet, We Part, We Remembered) e ritmiche funky (Shine). Così spiegato Simple Truths potrebbe persino essere scambiato per un disco fuori misura e invece l'unico appunto che si riesce ad abbozzare riguarda la scelta del repertorio, a volte un po' troppo abusato (If I Needed You di Townes Van Zandt e I'm So Lonesome I Could Cry di Hank Williams le hanno rifatte davvero un po' tutti). Un particolare di poco conto, tuttavia, soprattutto se le versioni possiedono una dignità rara ed una capacità di piegare la canzone al proprio sentire. In ogni caso a fugare queste piccole perplessità ci pensano le presenze di Everything Is Free (di Gillian Welch), la pianistica Opportunity to Cry (Willie Nelson) con la voce di Wendell Holmes in grande spolvero e infine una Concrete Jungle (Bob Marley) da brividi, in asciutta versione country-blues. La produzione del quotato Craig Street non intacca minimamente l'anima degli Holmes Brothers, mantenendo la rotta giusta attraverso i diversi stili: un suono essenziale, soulful, capace di svelare l'intimità degli interpreti, così evidente nel finale di He'll Have to Go e I'm So Lonely. Un disco dai preziosi equlibri e dalla classe non indifferente
(Fabio Cerbone)

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