E'
un pezzo di storia della black music quello racchiuso nella sigla Holmes
Brothers, e lo è soprattutto per New York, città in
cui da quasi mezzo secolo si muovono i fratelli Wendell e Sherman
Holmes (con l'aggiunta della batteria di Popsy Dixon). Un
trio che unisce con straordinarie doti di eclettismo le più disparate
anime della musica nera, non ponendo limiti precisi al loro stile. Simple
Truths, secondo lavoro pubblicato in casa Alligator, segue di
due anni i riconoscimenti ottenuti grazie al precedente Speaking in
Toungues, confermando la linea di condotta della band: tra brani originali
e cover d'eccezione si ripercorre la storia della musica americana,
e non solo quella strettamente nera, scivolando con leggerezza ed eleganza
tra squisite fatture country-soul (soprattutto le ballate, vero punto
di forza del loro repertorio, grazie anche all'uso splendido delle voci),
improvvisi scatti elettrici nel segno del rock-blues più bollente
(You Won't Be Livin' Here Anymore, Big Boss Man con la
lap steel dell'ospite Greg Leisz), tonalità gospel (We
Meet, We Part, We Remembered) e ritmiche funky (Shine). Così
spiegato Simple Truths potrebbe persino essere scambiato per un disco
fuori misura e invece l'unico appunto che si riesce ad abbozzare riguarda
la scelta del repertorio, a volte un po' troppo abusato (If I Needed
You di Townes Van Zandt e I'm So Lonesome I Could Cry di
Hank Williams le hanno rifatte davvero un po' tutti). Un particolare
di poco conto, tuttavia, soprattutto se le versioni possiedono una dignità
rara ed una capacità di piegare la canzone al proprio sentire.
In ogni caso a fugare queste piccole perplessità ci pensano le
presenze di Everything Is Free (di Gillian Welch), la pianistica
Opportunity to Cry (Willie Nelson) con la voce di Wendell Holmes
in grande spolvero e infine una Concrete Jungle (Bob Marley)
da brividi, in asciutta versione country-blues. La produzione del quotato
Craig Street non intacca minimamente l'anima degli Holmes Brothers,
mantenendo la rotta giusta attraverso i diversi stili: un suono essenziale,
soulful, capace di svelare l'intimità degli interpreti, così
evidente nel finale di He'll Have to Go e I'm So Lonely.
Un disco dai preziosi equlibri e dalla classe non indifferente
(Fabio Cerbone)
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