Condividi
     
 

Taj Mahal
Savoy
[Stony Plain 2023]

Sulla rete: tajblues.com

File Under: big band jazz and swing


di Paolo Baiotti (19/05/2023)

Henry St. Claire Fredericks Jr., in arte Taj Mahal, nato a Harlem nel 1942, ha attraversato sette decenni con la sua musica dall’omonimo esordio del ’68 ai successivi storici The Natch'l Blues e Giant Step, proseguendo a pubblicare con regolarità abbracciando stili e continenti diversi. Dal blues al caraibico, dall’Africa all’India, dal gospel all’errebi, dalla children music alle colonne sonore, Taj ha sempre mantenuto una qualità e una coerenza apprezzabile, anche con collaborazioni di prestigio, guadagnandosi rispetto dai colleghi e dalla critica.

Giunto quasi al termine del suo percorso come altri artisti si è voltato indietro, dapprima pubblicando nel 2022 Get On Board, frutto della rinnovata collaborazione con Ry Cooder, suo compagno d’avventura nei Rising Sons nel ’64, poi ripensando alla musica ascoltata in gioventù in famiglia avendo un padre pianista di jazz con radici caraibiche e una madre insegnante di gospel in Carolina del Sud e parte di un coro a Springfield in Massachusetts, dove Mahal è cresciuto. Il risultato è Savoy, un album di jazz orchestrale swingato e bluesato, registrato a Oakland e prodotto dall’amico di lunga data John Simon, conosciuto nel ’68 a New York, storico produttore di The Band, Leonard Cohen, Electric Flag, Gordon Lightfoot e Blood Sweat & Tears.

Introducendo la prima traccia Stompin’ At The Savoy Taj racconta l’incontro dei suoi genitori al Savoy Ballroom di Harlem nel ’38 durante un concerto di Ella Fizgerald. Le quattordici tracce del disco, quasi tutte eseguite più volte nei trent’anni di vita del Savoy, ci riportano ad artisti come Benny Goodman, Duke Ellington, George Gershwin, Louis Jordan, Louis Armstrong e Johnny Mercer e all’epoca d’oro del jazz orchestrale. Gli arrangiamenti sono rispettosi degli originali con qualche variazione che non ne modifica l’atmosfera; la voce roca di Taj, tuttora vigorosa, si adatta alla perfezione alle ballate, faticando leggermente nelle tracce più ritmate. La band è formata da una solida e raffinata sezione ritmica, alla quale si aggiungono la chitarra di Danny Caron, il piano di Simon, una robusta sezione fiati e un trio di backing vocals perfetti in questo contesto.

Tra i brani spiccano una Summertime discretamente ritmata, una raffinata e languida Moon Indigo, Sweet Georgia Brown completata dal violino di Evan Price, che interviene anche in Baby Won’t You Please Come Home, delizioso duetto con Maria Muldaur, mentre nella ritmata Caldonia si apprezza anche l’armonica di Taj. L’unica traccia più recente è Killer Joe del ’60, doo-wop in cui le voci femminili dialogano con l’armonica. Savoy è un tassello non indispensabile della storia di questo grande artista, ma nello stesso tempo è un disco formalmente ineccepibile che riporta degnamente l’attenzione su un genere musicale di indubbia importanza storica.


    


<Credits>