John Mayall & the Bluesbreakers - Road Dogs Eagle/Edel 2005 1/2
inserito il 28/06/2005

C'è persino un po'di commozione nel sentire questo fresco settantenne fare le cose di sempre, quello che da una vita gli pare naturale fare: cogliere una certa matrice blues di stampo chicagoano, miscelarla all'inconfondibile sonorità dei talenti che l'accompagnano, sceglierli con l'esperienza e l'abilità di sempre lungo un cammino proprio da lui aperto, nel british-blues sì da garantirsene la paternità, e con il suo inguaribile marchio di fabbrica in tutto quanto ne è venuto dopo. Sono ancora con lui encomiabili Bluesbreakers, dalla consueta pulizia chitarristica al tocco di Buddy Whittington, la ritmica possente del compagno Joe Yuele - precisa ed enfatizzata nella presente registrazione - e Hank Van Sickle a fargli da contrappunto. E John Mayall come un bambino, si diverte all'armonica onnipresente nelle sue creazioni, cantate dalla sua voce veicolata da un feeling particolare, quindi al piano stavolta con Tom Canning a fargli compagnia con l'organo in un dialogo vivo in tutto questo Road Dogs. Mayall lo confeziona ad hoc, senza che nulla cambi al suo stile particolare, tale da farsi standard di sé stesso soltanto con una bella miglioria negli elementi sonori, bei suoni frutto di un buon mixaggio e masterizzazione, in quel di California dove il nostro risiede da tempo. E la foto di copertina non può che spingerci a scrutarne l'orizzonte, dove può arrivare questo Road Dogs senza peraltro superarlo, ma restando in equilibrio e bilanciato in ciò che il leone dalla criniera d'argento riesce a fare con un entusiasmo che stupisce, come i colleghi di colore che professano ancora il blues alla veneranda età in cui taluni altri se ne godono i frutti alle volte carpiti. Non ruba niente John, e father of british-blues continua a corrispondere alla sua vocazione, la sua missione che l'aveva elevato a crociato della giusta attribuzione di una musica negli anni d'oro che tutti sappiamo.
Ma le nostalgie non sono per chi sta ancora sulle barricate, lo si sente sulla pelle quando il presente dischetto apre sul corposo groove della title-track, verso "..qualsiasi destinazione". Sembra proprio un album fatto per viaggiare, godibilissimo lungo l'autostrada fin quando tira in ballo anche la radio; che allora siamo pronti. Short Wave Radio suona come un bluesaccio da autostello che richiama echi di Hard Road all'incipit pianistico, ma si professa al dunque più incisivo e violento sulle tracce di vecchie hoochie - coochie man. Mentre l'incedere del disco si allarga a influenze soul in Forty Days, e piace piuttosto ricordare il delicato bluesin' dalle influenze roots all'intervento violinistico di Dale Morris Jr. con To Heal The Pain, tra le note più interessanti. Le altre song sanno di chicago-style e rhithm&blues - menzionabile il binomio Burned Bridges/Snake Eye - sebbene i toni turistici impressi dall'onde marine in sottofondo a Kona Village ci facciano accorgere di una certa rilassatezza, gradevolissima ballad che in un certo senso ci si poteva aspettare, in un album di blues elettrico le cui canzoni non aggiungono a Mayall nient'altro che il merito di essere un grande professionista
(Matteo Fratti)

www.johnmayall.com


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