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Jerron Paxton
Things Done Changed
[Smithsonian Folways 2024]

Sulla rete: jerronpaxton.com

File Under: pre-war blues revisited

di Pie Cantoni (26/10/2024)

Benvenuti nel 1932, in epoca prebellica, dove nel sud degli States si girava in calesse e il tempo era scandito dal raccolto e si potevano ascoltare nei juke joints o agli angoli delle strade polverose dei musicisti, alcuni girovaghi, altri ubriaconi e rissosi, che suonavano il primo blues, acustica sgangherata da quattro soldi o resonator da suonare adagiata sulle gambe magari con un coltello come slide. E’ questa l’impressione che ci ha fatto al primo ascolto Things Done Changed, il disco in uscita questo mese di ottobre su Smithsonian Folkways di Jerron Paxton, cantautore blues e polistrumentista di Los Angeles.

Questo album, edito dal sempre prestigioso marchio della Smithsonian, è il primo lavoro completamente composto da brani originali dove Jerron, come un bluesman di un tempo, suona tutto da solo (banjo, chitarra, armonica, piano) e mischia blues, ragtime, folk, musica degli Appalachi, con un effetto veramente da macchina del tempo. Robert Johnson, Lead Belly e Mississippi John Hurt, sono questi i paragoni più immediati (e non scomodati certo a caso), ma c’è molto anche dello stile più tetro di Blind Willie Johnson o del banjo di Pete Seeger, del ragtime di Blind Blake, o ancora delle linee melodiche ascendenti di Son House.

Paxton è nato e cresciuto a South Central Los Angeles, ma la sua musica è intrisa del patrimonio culturale della 'Grande Migrazione', dalla quale la sua famiglia proviene, essendosi spostata da Shreveport, Louisiana, al quartiere Athens di South LA negli anni '50. Da figlio unico, Paxton ha trascorso gran parte dei suoi anni formativi ad assorbire la cultura che la famiglia aveva portato con sé in California, apprezzando e imparando lo stile di quel tipo di musica. Poi, come in tutte le storie americane, lo spostamento è sempre dietro l’angolo e Jerron, da Los Angeles si è trasferito a New York City, dove ha trovato un pubblico accogliente all'interno delle diverse comunità culturali della città e una vivace scena musicale pronta ad apprezzare quella musica così antica.

Quindi dalla prima traccia, Things Done Changed, all’ultima Tombstone Disposition, preparatevi ad un viaggio nel tempo e nello spazio dell’America di inizio secolo, passando dal blues nell’istante prima di essere elettrificato a Chicago (Baby Days Blues), al folk degli Appalachi (It’s All Over Now), alla musica rurale della Louisiana (Little Zydeco) alla scura musica prebellica del Mississippi à la Son House (All and All Blues) per spingersi su fino alla Detroit prima del boom dell’industria automobilistica (Tombsone Disposition) pagando il giusto omaggio al John Lee Hooker che non aveva ancora attaccato la spina dell’amplificatore alla corrente.

Un piccolo gioiello questo Things Done Changed che la Smithsonian tira fuori dal cilindro, permettendoci di apprezzare un giovane musicista contemporaneo dall’anima antica.


    


<Credits>