
| Michael
Azerrad
American Indie
[Arcana] pp.479
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Al saldo di tutte le assenze (giustificate fin dall'inizio), delle idiosincrasie,
dell'univocità (quel tornare sempre al nucleo "hardcore" e "cool") e delle semplificazioni
(quella tra indipendenti e major è stata disintegrata dal tempo), American
Indie è un grande saggio sulla vita delle rock'n'roll band prima di Nevermind.
Quello sì che, giusto vent'anni fa, è stato un punto di non ritorno perché con
un sorprendente flash mostrò a tutti quei gruppi, dai Black Flag agli Hüsker Dü,
dai Fugazi ai Sonic Youth, che si erano letteralmente spaccati il culo per lunghissimi
anni che il tetto di cristallo si poteva sfondare. La fortuna dei Nirvana, che
partirono dalle stesse premesse di tutti i musicisti compresi nella cornice di
American Indie fu dovuta a molti fattori, a qualche coincidenza fortunata, a Kurt
Cobain ma soprattutto al fatto che trovarono un terreno che era già stato arato,
preparato e irrigato con sangue. Michael Azerrad rilegge quegli anni, dal
1981 al 1991 proprio dal punto di vista della vita quotidiana delle rock'n'roll
band: i lunghi viaggi da un concerto all'altro, le folli dinamiche interne, l'etica
e l'estetica (e forse pure la filosofia) di ragazzi di vent'anni che sopportavano
tutto e tutti pur di poter suonare le proprie chitarre per una ventina di minuti.
Proprio per questo, al di là delle omissioni (che alla fine sono relative) e di
certi schemi un tantino superati, American Indie racconta una parte fondamentale
della "nostra" storia, dove si legge, tra l'altro, di un concerto "in the middle
of nowhere" con Del Lords, Del Fuegos e Replacements. E' lì che vale il motto
dei Minutemen: "La nostra band potrebbe essere la vostra vita", che poi è anche
il vero titolo di American Indie. Obbligatorio. | |  |
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Marina
Petrillo
Nativo americano.
La voce folk di Bruce Springsteen
[Feltrinelli]
pp.294
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Tentare di scrivere qualcosa di nuovo, per non dire di originale, su Bruce Springsteen
vista la catena sterminata di ipotesi letterarie che lo circonda, è un atto di
coraggio che ha qualche parentela con la temerarietà. La premessa non vuole essere
un'apologia all'incoscienza di Marina Petrillo, che come tutti i fans,
noi compresi, non deve chiedere il permesso per coltivare una passione e renderla
pubblica, ma piuttosto serve a mettere l'accento su una prova insolita e piuttosto
rara, almeno per quanto riguarda il nostro paese. Nativo americano
infatti riguarda soltanto (si fa per dire) una parte, per quanto molto complessa,
dell'esperienza springsteeniana, ovvero, come dice il sottotitolo la sua "voce
folk". Le tracce che Marina Petrillo segue partono dal flashback del tour solitario
e scarno di The Ghost Of Tom Joad e poi cercano di delimitare, tratteggiare, analizzare
e raccontare "uno spazio abitato dai suoni che Springsteen ha colto premendo l'orecchio
al terreno: gli scricchiolii della casa vuota di Nebraska, le foglie che stormiscono
nelle foreste americane, le voci dei lavoratori e di coloro che li hanno cantati".
Il proposito, un'altra volta, non è semplice, perché l'immaginario legato a quelle
canzoni e a quella "voce" è, poco più, poco meno, la storia degli Stati Uniti,
ma nel setaccio di Marina Petrillo non sfugge nulla e con garbo e con un sottile
vena narrativa ancora inesplorata mette in luce un lato di Springsteen poco decantato
perché è il più duro, e il più "politico".
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Amanda
Petrusich
Nick Drake. Pink
Moon
[No
Reply]
pp.160
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Devono essere passati tanti anni da quando Tom Waits si lanciava contro la musica
nella pubblicità ed è curioso che Amanda Petrusich non ricordi quelle famose
prese di posizione. Un motivo, in fondo, c'è: la riscoperta di Nick Drake
è dovuta anche a Milky Way, uno spot della Wolkswagen (molto elegante,
va detto) che usava proprio Pink Moon come colonna sonora. Amanda Petrusich dedica
a questo particolare tutta la seconda parte del libro dedicato a Pink Moon ricostruendo
con una certa precisione il delicato rapporto della musica con il marketing e
assemblando con molta cura tutta la storia di Milky Way. La sua tecnica è essenziale,
visto che fa parlare i protagonisti diretti e indiretti e questo vale anche per
la prima metà del libro dove l'oggetto del contendere è proprio Pink Moon e le
emozioni che suscita (molto efficace il racconto di come è nato il suo legame
con quel disco, tra l'altro). Da Joe Boyd, forse la persona che è stata più vicina
in assoluto a Nick Drake, a Rober Kirby (il suo arrangiatore) fino a una moltitudine
di fans speciali (Robyn Hitchcock, Damien Jurado, Lou Barlow), Pink Moon serve
anche per riportare un po' di luce sulla biografia di Nick Drake. Partire dal
suo disco più noto e doloroso, visto che è stato anche il suo epitaffio ha un
senso perché come dice Joe Boyd "la sua storia è nelle canzoni. Più passa il tempo
più sembrano parlarci di lui, e di nessun altro". E' lì che Amanda Petrusich ha
capito ed è riuscita a riportare tutto in un libro agile, completo e molto utile.
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Derek
Raymond Stanze
nascoste
[Meridiano
Zero] pp.335
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E' impossibile, soprattutto in virtù di questa splendida autobiografia, vedere
ancora Derek Raymond come uno scrittore incastrato in un genere (il noir,
alla cui descrizione e definizione ccomunque dedica alcune delle pagine più significative).
E' stato uno straordinario narratore tout court, con una vita altrettanto romanzesca
e maudit e tutta da scoprire nelle sue Stanze nascoste dove si capirà
che "l'arte è il frutto di un fortunato incontro con l'esistenza, la follia di
uno sfortunato". E' questo l'elemento ricorrente nella storia e nelle storie di
Derek Raymond: quella pericolosa linea d'ombra in cui matura "una forma di rifiuto
della condizione umana". Tutti i suoi romanzi (compreso, buon ultimo, Incubo di
strada, sempre Meridiano Zero) nascono dal tentativo di chiedersi perché il genere
umano tenti sempre una via di fuga da qullo che Derek Raymond chiama il "contratto
universale". Senza dubbio il noir gli ha offerto spazi d'indagine infiniti, ma
Stanze nascoste rivela con estrema chiarezza che da lì Derek Raymond ha estrapolato
tutta una sua filosofia visto che il "contratto universale" lo spiega così: "Ha
dei termini precisi, gli accordi sono chiari. Noi siamo la somma di passato, presente
e futuro e sogniamo di liberarci dal tempo. Ce ne rendiamo conto attraverso l'arte,
che si sforza di dare corpo alle nostre visioni, ai nostri sogni, ma in realtà
abbiamo soltanto il breve tempo che ci è concesso". Unico, e per intenditori.
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