Marco
Denti
Dal rock'n'roll all'orto, diario di un ritorno alla terra
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a cura di Fabio Cerbone -
Marco Denti
La terra di tutti [Jimenez,
pp. 206]
Ascolto
una valanga di musica, seguo percorsi circolari che mi invento
ogni volta e non torno mai indietro
(Marco Denti, "La terra di tutti")
In un mondo che ci vorrebbe sempre di più inquadrati dentro
un percorso obbligato, un ingranaggio fatto di scelte e ruoli
sociali ben definiti, camminare è diventato quasi un gesto
rivoluzionario. Farlo con uno spirito di osservazione nuovo,
lasciandosi guidare dalla sorpresa per ciò che la terra ha
da mostrare, lì sotto i nostri piedi da sempre, può rivelarsi
ancora più sorprendente, dando vita a un vero e proprio turning
point. Quella “svolta radicale” che cambia il destino “individuale
e collettivo” che vorrebbe testimoniare questa nuova serie
di piccoli libri della collana Turning Point pensata
da Jimenez, è rappresentata nel caso di Marco Denti da
un diverso approccio al territorio della Pianura Padana che
lo ha visto crescere, perché “il senso di un luogo, conoscere
davvero un posto, è viverlo camminandoci dentro”.
Conosciamo molto bene Marco e la sua firma su queste pagine,
fin dal principio una presenza costante e una visione sempre
illuminata sui percorsi fra musica e letteratura, che ci hanno
restituito una sorta di mappa delle passioni stesse di RootsHighway.
Il suo passaggio dal rock’n’roll (che certo non ha abbandonato,
non preoccupatevi) agli orti, come recita il sottotitolo di
La terra di tutti ce lo restituisce però in una dimensione
inedita, persino poetica in molti passaggi di questo ramingo
memoir da camminatore, anzi, di “river rat” come si definisce
egli stesso, restituito sotto forma di diario o meglio di
breve interpretazione su un possibile senso della vita. C’è
ancora la musica, certo, come il John Mellencamp di Rain
on the Scarecrow o i R.E.M. di Murmur che ascoltava
da giovane obiettore di coscienza, il quale proprio dall’esperienza
nella comunità di recupero del Pellicano avrebbe colto i primi
semi del suo “turning point”; è c’è ancora la letteratura,
nella capacità che gli riconosciamo di scovare sempre le citazioni
(ne trovate una in apertura di ciascun capitolo), i brani,
gli stralci e le illuminazioni più adatte a sostenere il suo
discorso; ma La terra di tutti racconta un’altra storia
rispetto al passato.
Le Storie
Sterrate che proprio per Jimenez riunivano percorsi artistici
altrui fra musica e scrittura, qui si sono fatte strade concrete,
sono la ghiaia e i sentieri che Marco Denti percorre per ore
vagando lungo canali, fossi, anse del fiume, enormi distese
di mais e cascinali spesso in abbandono che punteggiano il
paesaggio del lodigiano in cui vive. È così che nasce
l’idea di “riappropiarsi di un rapporto di condivisione
con e per la terra che , in ultima analisi, mette anche in
discussione il concetto stesso di proprietà”. La
terra di tutti non è un banale pamphlet ecologista
(e ne avrebbe persino tutte le ragioni, dentro una pianura
continuamente modificata e martoriata dal “progresso”) e neppure
una lezione di vita da impartire agli altri, da chissà quale
prospettiva illuminante, tutt’altro: certo, mostra una sua
chiara visione, ma lo fa descrivendo un’esperienza personale,
un racconto “modesto” che fugge dalla retorica e che è un
continuo peregrinare per campi e piste seguendo il flusso
dell’acqua (che va sempre verso il basso…), il volo degli
uccelli, il comportamento austero degli alberi e cogliendo
da tutto ciò l’impressione che ci sia un differente modo di
approcciare la nostra esistenza.
Rain
on the Scarecrow (Live Farm Aid 1993)
Talk
About the Passion (I.R.S. years video collection)
In questo discorso si inserisce anche il vero “punto di svolta”
rappresentato dall’agricoltura sociale nata dentro la comunità
del Pellicano, nella quale Marco Denti, da giovane ospite
in qualità di obiettore di coscienza, è passato oggi a promulgatore
attivo, curandone spesso la comunicazione delle numerose iniziative:
gli orti, la scoperta rivelatrice dell’apicoltura, i mercati
dove vendere (a prezzi equi) i prodotti della terra coltivata
e sostenere le iniziative della stessa comunità, un luogo
quest’ultimo pensato per accogliere persone emerginate, toccate
dalla tossicodipendenza e dall’esperienza del carcere. È da
lì che nasce quel seme che porta a una concezione diversa
del cibo, dell’ambiente, ma anche del lavoro e dei rapporti
umani (la biodiversità dovrebbe comprendere anche le persone),
insomma, quell’idea di “essere felici per qualcosa che
non mi hanno venduto”.
La terra di tutti arriva a questa conclusione senza salire
in cattedra, con una buona dose di innocenza e stupore nei
suoi racconti da novello Henry Thoreau della Pianura Padana,
con il semplice proposito che “per una volta ho voluto
vedere con i miei occhi, forse con occhi diversi, luoghi che
ho vissuto”. Forse questo è il suggerimento migliore che
ci offre questo prezioso libro: facciamoci anche noi una nostra
ricca playlist (ne trovate una molto dettagliata, tra album
e canzoni, in coda a La terra di tutti, oltre a una doverosa
bibliografa), e una volta preparata la colonna sonora incamminiamoci
là fuori, alla ricerca di un mondo diverso.
La
terra di tutti, una playlist (a cura di Marco Denti)