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Richard
Ford
Lo stato delle cose
Feltrinelli pp.544
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La lunga epopea di Frank Bascombe, il personaggio di Richard Ford che era
comparso la prima volta come Sportswriter ed era tornato per Independence Day,
si conclude sulla costa del New Jersey. E' il giorno del Ringraziamento, l'inverno
comincia a farsi sentire e anche gli anni passati hanno cambiato tutto e niente,
difficile scoprirlo perché "non è che vediamo la parte e il non il tutto: noi
proprio non vediamo, né la parte né il tutto". Frank Bascombe si è sposato una
seconda volta, ha scoperto di essere malato, si è messo in proprio (con un socio
di origini tibetane) e riga dopo riga sembra ripetere, con quel tono proprio di
Richard Ford (suadente, ossessivo nei dettagli e premuroso nei confronti del lettore)
"I don't wanna fade away". La citazione è quasi obbligatoria perché ancora
più di Independence Day (come è ovvio fin dal titolo), Lo stato delle cose
sembra ispirarsi a piene mani da The River: non è soltanto il New Jersey o la
vita dentro le macchine ("Perché succedono tante cose in macchina? Che sia l'ultimo
spazio intimo che ci è rimasto?" si chiede ad un certo punto Frank Bascombe) che
sono gli stessi di Bruce Sprigsteen ma anche quell'attitudine a raccontare le
storie un pezzo alla volta, cercando di focalizzare minuscoli particolari e nello
stesso tempo grandi emozioni per giungere ad una poesia della quotidianità che
dice, infine "la giornata è passata intatta. Non è una cosa da dare per scontata".
Così viviamo oggi, e Lo stato delle cose è uno dei pochi capolavori che riesce
ancora a narrarlo con passione e lucidità. | | |
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William Burroughs
Rock'n'roll Virus
Coniglio
editore pp.197
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Il rapporto tra William Burroughs e il rock'n'roll, per non dire della
musica in generale, è stato intenso e prolifico fino agli ultimi giorni della
sua vita. Vale la pena di ricordare, come ricordato nelle appendici discografiche,
che qualche anno prima di morire incise anche con Kurt Cobain, ma la sua influenza
sull'immaginario pop e rock'n'roll è enorme e va dai Pink Floyd a Tom Waits, senza
soluzione di continuità perché, come si legge nell'intervista con Antonio Veneziani
per Burroughs: "La musica è respiro. La musica è cibo. La musica è sesso. La
musica è parola. La musica è libertà. La musica è vita. Senza musica non c'è esistenza,
in fondo la vita nasce da elementi che si incontrano e si scontrano, dunque la
vita nasce dalla musica e origina musica". Le sue "conversazioni con David
Bowie, Patti Smith, Blondie e Devo" diventano la testimonianza di una simbiosi
molto prolifica che Burroughs, essendo un (grandissimo) scrittore e non un musicista
ha trasposto così: "Quello che mi ha sempre interessato è la libertà che c'è nelle
dissonanze. Mi è sempre piaciuto che la pagina fosse un costringere liberamente
ovvero un instradare le parole in una nuova partitura che è poi la pagina. Fondamentale
è il tono, senza ombra di dubbio. La scrittura diventa così una partitura di parole,
dove il respiro del corpo e quello della mente si muovono insieme, proprio come
nella buona musica, senza niente di scontato". Consigliatissimo.
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Steve
Matteo Let
it Be No
Reply
pp.144
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Per quanto la bibliografia sui Beatles sia infinita, non sono poi moltissimi i
materiali che vanno in profondità nel raccontare il loro crepuscolo. Un momento
significativo che Steve Matteo sa di dover raccontare nelle pieghe della
storia di Let It Be. Infatti per quanto il volume della collana
33 1/3 (trasposta nella saggia edizione italiana come Tracks) sia dedicato, nelle
intenzioni, a quello che è considerato l'ultimo segnale di vita dalla galassia
di Abbey Road e dintorni, Steve Matteo è cosciente, fin dalle prime pagine che
"per molti versi Let It Be incarna meglio la fine degli anni Sessanta piuttosto
che la fine dei Beatles". Allora, ad una puntuale ricostruzione storica della
gestazione delle incisioni di Let It Be (e di Get Back), delle fratture in corso
tra John, Paul, George e Ringo, dell'inesorabile involuzione del carrozzone Apple,
Steve Matteo aggiunge, in prospettiva, una mappatura completa del brodo primordiale
in cui germogliò la fine dei Beatles e in parallelo la dissoluzione di tanti sogni
e utopie degli anni Sessanta. Utilissimo, da questo punto di vista, il libro non
manca di segnalare anche tutte le vicende legate ai nastri da cui venne estrapolato
Let It Be, con dovizia di particolari sui bootleg e sulla riedizione di qualche
anno fa, tanto da risultare ottimo "anche il più informato dei fan e degli studiosi",
come scrive Franco Zanetti nella postfazione.
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Michael
Zadoorian Second
Hand. Una storia d'amore
Marcos
Y Marcos pp.318
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Richard ha un negozio che una volta si sarebbe detto da rigattiere:
con il nome di Satori Junk, la sua bottega tradisce qualche aspirazione in più,
a partire con il nascondere i limiti dello stesso proprietario. Quando nella sua
vita irrompe Theresa, una ragazza piuttosto complicata, scoppia una love story,
che sarà controversa e drammatica, ma a scoprire il finale tocca al lettore e
"quindi la morale è: vi piace ciò che vi piace, bello, brutto, o meravigliosamente
brutto. Smettete di pensarci. Cercate di non ridere di tutto". Ricevuto e
fin troppo facile da condividere: in un mondo omologato alla novità a tutti i
costi e inchiodato a un futuro che non arriva mai, c'è ancora spazio per un tempo
diverso. Second Hand. Una storia d'amore è un romanzo dal ritmo
frizzante, che si legge in un paio di sere, perché Michael Zadoorian scrive
soprattutto per il lettore (e, ad occhio, con un'idea di cinema), usando l'arte
dell'elenco e delle liste senza pudore, come il tema di uno standard che ritorna
con regolarità, tra un'improvvisazione e l'altra. Per cui stiamo al gioco e la
lista di riferimenti culturali che appaiono in un modo o nell'altro ci sono Laurie
Anderson, Mickey Spillane, Framtpon Comes Alive, William Burroughs, i Cramps,
Gene Krupa, la Route 66, Robert Mitchum, Thelonious Monk, Bob Wills & The Texas
Playboys, Walker Evans, The Americans di Robert Frank, Henry Miller, Sotto il
vulcano di Malcom Lowry, Shaft e Susant Sontag. Forse non è sufficiente per cominciare
una storia d'amore, però basta e avanza per ritrovarci un po' di noi stessi.
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