Jim Harrison
Ritorno sulla terra
Rizzoli
pp.281



La morte di Donald, un uomo che amava la vita come la terra, schiude una rete di legami, di affetti, di storie che sono qualcosa in più di una famiglia e rappresentano la vera anima e il senso ultimo dell'esistenza. Nell'assecondare l'attesa dell' inevitabile, Donald, sua moglie e i figli, una famiglia che regge più sull'idea di condivisioni e di storie, piuttosto che su quello della parentela, ricostruiscono intere vite. "A me piacciono le storie con dentro le persone" dice uno di loro e sembra più una confessione di Jim Harrison che della voce di uno dei personaggi perché agganciando ricordi su ricordi non riprende forma soltanto la vita del predestinato, ma anche quella di tutte le altre esistenze che, in un modo o nell'altro si sono intersecate con la sua. Come il coro di un tragedia, le voci dei personaggi si sovrappongono, una dopo l'altra, senza soluzione di continuità, a creare una sinfonia, una "sola" voce che racconta il sogno, la realtà, la vita, la morte: quando mangiano, quando viaggiano (due delle attività fondamentali per i personaggi del romanzo) è uno scorrere di tentativi, di emozioni, di ricerche, un modo di restare legati alla terra, all'anima di chi se ne va, ma anche a se stessi, come se fosse l'insieme a determinare la personalità, e in fondo l'anima stessa. Tra i i libri più belli e intensi di quest'anno, persino coraggiosi nel ribadire la libertà di morire che poi, questa è l'arte del romanzo, la stessa di vivere.
 

Hunter S. Thompson
Screwjack
Baldini Castoldi Dalai
pp.54


La passione per il Doc alias Hunter S. Thompson sembra un fiume sotterraneo che va e viene nel tempo. A volte i suoi libri arrivano in gruppi di due o tre, a volte scompaiono e ricompaiono (qui da noi manca ancora la traduzione, per citarne uno, del corposo The Great Shark Hunt). Questa primavera sono affiorati i tre brevi racconti di Screwjack che per quanto taglienti, restano pur sempre frammenti di una lingua abituati a ben altre filippiche. Meritano l'attenzione soprattutto per il presagio della maledetta fine del Doc nascosto tra le righe ("Ha sparato altri due colpi, ridendo serafico. Poi si è girato verso di me e si è infilato la canna in bocca. Ha avuto un momento di esitazione, mentre mi fissava dritto negli occhi. Poi ha tirato il grilletto e si è fatto saltare le cervella") e per una delle sue inarrivabili preghiere: "liberami dagli avvocati, e dalle anime belle". Più pregnante è senza dubbio Cronache del rum (ancora Baldini Castoldi Dalai, uscito sul finire dell'anno scorso), testimonianza dei rocamboleschi e decadenti giorni del Doc a Portorico, all'epoca dei suoi esordi: "Corri qui stop c'è ancora posto nel barile del rum stop non si fa un cazzo stop soldi a palate stop si sbevazza tutto il giorno stop si chiava tutta la notte stop corri perché potrebbe durare poco". Puro Hunter S. Thompson di cui, giusto per chiudere il cerchio è stato ristampato anche Hell's Angels (sempre Baldini Castoldi Dalai) di cui avevamo però parlato agli albori di questa rubrica.

   

James Lee Burke
L'urlo del vento
Fanucci
pp.420


Katrina e Rita hanno cancellato una città, una storia un mondo, ma dentro l'apocalisse si celano migliaia di episodi di violenza, ferocia e arroganza, a partire dall'incapacità del governo federale di comprendere la dimensioni degli eventi. Nel ricostruirli James Lee Burke non si perde niente della cronaca di quei giorni e ci costruisce un episodio della saga di Dave Robicheaux che è la parte centrale di un ciclo dedicato alla fine di New Orleans. La missione di Streak alias Dave Robicheaux questa volta è davvero impossibile perché salvaguardare la giustizia o la morale o un minimo sindacale di separazione tra bene o male quando "la gente non ne può più. A volte non ne può più e ha paura" è già difficile e faticoso e nei giorni di Katrina è diventato impossibile. Così nei meandri del disastro e attraverso i tormenti di Streak, James Lee Burke eleva un atto d'accusa preciso e dettagliato, persino accorato in più di un passaggio e per niente velato dalla realtà romanzesca. "Non si può ricostruire un mondo a pezzi" scrive James Lee Burke guardando New Orleans attraverso gli occhi di Dave Robicheaux e dei suoi colleghi, ma c'è qualcosa di più che in quei giorni si scopre ed è che "Noi americani siamo una razza a sé stante. Crediamo nella legge e nell'ordine, ma crediamo anche che i veri crimini vengano commessi da una classe separata di persone, che non ha niente a che fare con le nostre vite o il mondo di comportamenti ragionevoli e rispetto reciproco a cui apparteniamo". Quando poi quella "classe" coincide con il governo, l'Urlo del vento può solo fare paura.

Luigi Monge
Robert Johnson
Arcana
pp.291



Robert Johnson è materia incandescente per cui per accedere al monumentale lavoro di Luigi Monge è necessario andarci cauti e cominciare dall'inizio, o meglio dalla fine della bella e puntuale prefazione di Alessandro Portelli che dice: "Robert Johnson è una delle grandi voci poetiche e musicali del ventesimo secolo. Non c'è bisogno di costruirci sopra miti e leggende. Tutto quello che dobbiamo fare è ascoltarlo, e capiremo davvero che, come il protagonista di Uomo invisibile di Ralph Ellison, sulle frequenze più profonde la sua voce parla per noi". Non si può sfuggire ad una certa iconografia (la stessa epigrafe di Peter Guralnick induce nella tentazione: "Robert Johnson non è mai morto") e in gran parte è inevitabile, ma Luigi Monge ha costruito sulle sue canzoni, una dopo l'altra, una mappa raffinata e ricercata, molto efficace nello spiegare il linguaggio, il ritmo, il tono e, in fondo, il senso ultimo dei brani. Usando con parsimonia e senza controindicazioni le analisi musicologiche e linguistiche e affidandosi piuttosto a una sensibilità da rabdomante nel ricostruire genesi, sviluppi, variazioni e interpretazioni nel corso del tempo, non è nata soltanto una possibile e precisa esegesi dei testi, ma anche una sorta di ritratto dell'uomo e dell'artista attraverso la sua voce. Ed è così che si spiega l'inizio: questo libro non serve per capire Robert Johnson. E' fatto per ascoltarlo.

 


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