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17/11/2006 |
![]() Eggs
Over Easy Ad un primo ascolto superficiale,
questo disco uscito nel 1972 potrebbe sembrare opera di una delle tante band della
West Coast degli Stati Uniti. E invece no: gli Eggs Over Easy non vengono
né da Los Angeles né da San Francisco, bensì da una grigia provincia inglese.
E questa è la prima sorpresa. Già, perché ascoltando questo album non si può fare
a meno di sorprendersi di come questa band abbia letteralmente inalato le atmosfere
della musica roots nord-americana di quel periodo, in particolar modo dei Little
Feat e della Band. Prendiamo il brano Henry Morgan, per esempio. Una ballata
pianistica in cui a un certo punto ci si aspetta soltanto che entri a cantare
Levon Helm. In più, gli Eggs Over Easy hanno una tendenza a spolverare i loro
pezzi con del buon soul, come ad esempio nella opening track Party Party,
e la cosa non guasta assolutamente, anzi, colora la loro musica con degli accenti
che in Inghilterra nessuno all'epoca possedeva. Sicuramente la loro influenza
in madrepatria è stata decisamente importante, soprattutto sui gruppi del cosiddetto
"pub rock", come i Brinsley Schwarz di Nick Lowe. Da noi, invece, gli Eggs Over
Easy (ossia Austin DeLone, Jack O'Hara, Brien Hopkins e Bill
Franz, tutti e quattro songwriters) sono rimasti un gruppo di culto per pochi
eletti. Ecco perchè vale la pena approfittare della recente ristampa di
questo album da parte della Universal (ebbene sì, una major, incredibile ma vero!)
per riscoprire un gruppo che, magari, potrebbe non essere il massimo dell'originalità,
ma che sicuramente suona musica sincera e piacevole, con alcuni picchi di qualità.
Uno di questi è sicuramente Picture on a Shelf, una grande ballata pianistica
che non sfigurerebbe su uno dei primi dischi di Jackson Browne, con le sue belle
harmonies e la sua misuratezza. Altro pezzo da ricordare è senza dubbio Running
Down to Memphis, spruzzata di country quanto basta e con il piano di Austin
DeLone in bella evidenza. Il resto si muove tra eleganti pezzi, sempre con il
piano in bella evidenza e le atmosfere della Band ben salde in testa, e brani
più rockeggianti, in cui sono le chitarre, sempre molto misurate, a riportare
la mente ai Little Feat, con il loro rock preciso venato di soul. Va detto che
questa ristampa aggiunge quattro brani agli 11 originali dell'album, anche se,
sinceramente, questi inediti non sono all'altezza della release originale. Comunque
vale la pena riscoprire questo piccolo classico, una splendida anomalia nella
scena inglese dei primi anni '70. |