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John Hammond
Birthday Blues Bash
[New Shot 2024]

Sulla rete: newshotrecords.com

File Under: blues master


di Matteo Fratti (04/05/2024)

Figlio di cotanto padre e altrettanto “padre” lui stesso, dal fluido susseguirsi delle generazioni al tempo in cui album come Fathers And Sons di Muddy Waters circoscrivevano il campo, John Hammond Jr. acquisisce oggi quella paternità che esula dal colore della pelle e ne restituisce la testimonianza ai nuovi “figli”, che lo annoverano in quella fratellanza blues di cui si è fatto portavoce in più di cinquant’anni di musica. Dopo la pandemia sceglie così il suo “buen retiro” e il rammarico è di non averlo visto dal vivo, di passaggio anche da questi lidi, a renderci più volte complici della magia del vero blues, presenti ai suoi concerti. Magica alchimia d’artista e pubblico che è solo nei live, e che questo disco ci ridona propizia, iniziativa della New Shot Records di Renato Bottani a ripescare le “chicche” che dal vero, ci raccontano storie degne di periferie musicali, ma di certo un po’ più nostre.

Sicché Birthday Blues Bash viene registrato dallo stesso Bottani nella Sala Marna di Sesto Calende, dove John Hammond suonò il 12 novembre del 2001, grazie all’intermediazione del compianto promoter Carlo Carlini, in una data che questo disco ci restituisce intensa, per carica e resa sonora. “Buonasera..” – saluta Hammond, con accento anglofono – “.. io sono molto contento di essere qui..” – e neanche troppo velatamente aggiunge, senza retorica: “..for a great night”! – E’ proprio quanto si rivela la serata, alla vigilia del suo cinquantanovesimo compleanno, in cui a farla da padrone sono ancora una volta la sua chitarra, la ritmica del piede, la sua armonica e la sua voce, nera come i padri. Assieme, i loro classiconi blues con cui è cresciuto, alla scuola di papà, che contribuì a far scoprire al mondo proprio alcuni degli stessi bluesmen che per primi ce li hanno tramandati.

Hammond Jr. infila roba come Phonograph Blues di Robert Johnson, così pure Hard Times di Skip James o ancora Come On In My Kitchen dello stesso Johnson e, sul finale, anche Walking Blues. Ci sono poi la scatenata Mother In Law Blues di Junior Parker o Homeless Blues di Lil’ Son Jackson, insieme ad altre scelte più ricercate a seguire, tipo lo Sleepy John Estes di Come Day Baby Blues, sofferta, e Fond Love di Jimmy Reed, divertita. Con altre hit come I Wish You Would di Billy Boy Arnold o Preachin’ Blues di Son House, penultima, John Hammond ha però regalato menzione d’onore tra i padri intercalando tra le loro songs nientemeno che alcuni pezzi di Tom Waits (i cui blues propose per intero già nell'album Wicked Grin, di quell’anno): ecco allora, nel corso della serata, Get Behind The Mule, per esempio, ipnotica; Gun Street Girl; la ballad Fannin Street e, in chiusura, Heartattack And Vine, rinforzata da un bel piano di Radoslav Lorkovic e dal mandolino di Paul Rigby, oltre a un violinista misterioso (da cui un appello..) come si addice a ciascuna registrazione blues che si rispetti. Quello che è anche Birthday Blues Bash, oltre a essere documentazione storica di bei concerti di casa nostra, continuità auspicabile per la stessa “mission” della neonata New Shot Records.




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