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David
Wiffen
di Fabio Cerbone (25/03/2023) C’è profumo di grande canzone d’autore nord-americana, e in particolare di quella più vicina ai sentimenti erranti del folk rock della prima metà degli anni Settanta, nelle nuove uscite che propone il catalogo della New Shot records, etichetta italiana che avevamo già presentato di recente sulla nostre pagine con uno speciale che indagava la prima messe di pubblicazioni, tutte dal vivo e inedite. Seguendo l’impostazione di partenza e quella cura nel ridare vita a registrazioni che possono risultare allettanti soprattutto per gli appassionati del genere e di chi va in cerca di rarità del singolo artista interessato, i due nomi di David Wiffen e Danny O’Keefe che qui accostiamo fanno rivivere una stagione di singer-songwriter che hanno avuto una carriera nell’ombra, qualcuno persino sfuggente, ma lasciando un’eredità di canzoni e di attestati di stima (anche e soprattutto da parte di colleghi più famosi) che ne dimostrano le qualità inversamente proporzionali al successo ottenuto. La vicenda di David Wiffen è la più affascinante, per via di un culto che giustamente lo insegue a partire dalla pubblicazione del suo Coast to Coast Fever, album del 1973 tanto straordinario quanto elusivo che resta un unicum non solo nella sua personale storia discografica (in gran parte limitata agli anni Settanta) ma anche nella produzione di quell’epoca, tra i vertici della scena folk rock maturata dopo il riflusso degli ideali della controcultura del decennio precedente. Wiffen, di origini inglesi ma trasferitosi da ragazzo in Canada, collabora con altri talenti locali come Bruce Cockburn (che gli produce proprio Coast to Coast Fever) e Murray McLauchlan, consegnando un manipolo di folksinger alla storia di quel tempo. L’apprezzato omonimo esordio avviene nel 1971, quindi la bellissima rivelazione di Coast to Coast Fever, disco dai toni meditativi e autobiografici, poi un lento eclissarsi, un ritiro dalle luci della ribalta che trasformano la sua vicenda artistica in qualcosa di ancora più misterioso, tra sporadici ritorni e canzoni che circolano di bocca in bocca tra gli altri musicisti.
Timeless Songs,
frutto di un intenso lavoro di contatti fra la New Shot e la Canadian
Broadcasting Corporation, che ne deteneva i diritti, propone tre session
completamente inedite che vedono in azione Wiffen con altrettante band,
dall’acustico all’elettrico, passando dai cinque brani incisi per la
radio canadese (e circolati soltanto tra gli addetti ai lavori) nel
luglio 1974, qui presentati in sequenza nella seconda parte del disco,
alle più recenti tracce risalenti a due esibizioni del febbraio e maggio
del 1993. Sono tutte sorprendenti sia per la qualità molto buona della
registrazione, sia in particolare per il valore intrinseco delle esibizioni:
Wiffen, voce profonda, densamente impastata con le radici country folk
della sua scrittura musicale, attraversa alcuni punti fermi del repertorio,
prima con l’apporto di un piccolo combo acustico (al piano proprio il
citato Murray McLauchlan), quindi con lo slancio più elettrico e dalle
colorazioni country rock della band formata da Douglas Orr al basso,
Richard Patterson alla batteria e l’ottimo Frank Koller alla chitarra
solista. O’Keefe, musicista con
una produzione più costante rispetto a Wiffen, ma nel tempo fattasi
anch’essa rara dopo i riconiscimenti ottenuti lungo tutto l’arco degli
anni Settanta, nel periodo di riferimento di questo live è assente dalle
scene discografiche e tornerà soltanto a fine decennio, per poi eclissarsi
nuovamente, tra piccole produzioni indipendenti. Assume ancora più interesse
apprezzarlo in uno show dove non ha “nulla da promuovere”, ma soltanto
offrire la forza del suo repertorio, spesso uno dei meno ricordati di
quella stagione a cavallo tra West Coast, pop d’autore e folk rock alla
quale Danny O’Keefe contribuì con una serie importante di composizioni
che ottennero, caso non raro, più successo passando per le mani di altri
colleghi, dal ben noto Jackson Browne del classico The Road (e
relativa traduzione italiana di Lucio Dalla per Ron, Una città per
cantare) per arrivare a John Denver, Judy Collins, Glen Campbell
ed Elvis in persona.
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