Il
"due" è sempre stato il numero chiave degli Everything But The Girl, coppia, nell'arte
e nella vita, elegante, sensuale, malinconica e raffinata ma in nessun caso svenevole,
consacrata all'arte di dare forma, con compiutezza mai perentoria, al tempo fugace
dei sentimenti e del loro svanire, di volta in volta decantati tramite la dolcezza
nostalgica di un pop ora venato di country e ora attraversato da sfumature soul,
talvolta elettronico e talvolta acustico. Ben Watt, figlio del jazzista scozzese
Tommy, e Tracey Thorn, cantante post-punk di Stern Bops e Marine Girl,
si sono conosciuti ai tempi della comune frequentazione presso l'Università di
Hull e da allora, oltre a essersi sposati (nel 2008, dopo 27 anni di convivenza)
e aver dato alla luce tre figli, hanno consegnato alle stampe dieci album (più
i "best of" e le antologie di rarità) come EBTG. Poi il primo ha rispolverato
il vecchio amore per l'attività da dj, inaugurando una personale etichetta - la
Buzzin' Fly, in omaggio al brano di Tim Buckley - dedicata a techno e deep-house,
poi seguìta dalla gemella Strange Feeling, deputata invece alla promozione di
musica indie (e infine approdando, a trentun stagioni di distanza dal bellissimo
North Marine Drive [1983], al secondo disco solista, l'ottimo Hendra [2014]),
mentre la seconda, in aggiunta alla prosecuzione della carriera titolare (interrotta
dal 1982 del delizioso A Distant Shore), ha collaborato con un numero incalcolabile
di colleghi, si è tuffata nel giornalismo di costume e ha scritto due libri autobiografici.
Solo: Songs And Collaborations 1982-2015, insomma, racconta
ancora una volta una storia doppia, vivisezionando da un lato il percorso solista
di Tracey Thorn, e dall'altro rendendo conto del suo lavoro al fianco di altri
musicisti e addetti ai remix di varia natura. A cucire il tutto, la voce scura,
afflitta, desolata, triste, rassicurante e soprattutto inconfondibile dell'artista,
dotata di un timbro riconoscibile all'istante eppure in grado di donare colore,
dolore, calma e sicurezza al paesaggio morbido di un pomeriggio d'inverno trascorso
di fronte al mare come al corpo sommerso e abbacinato della vita notturna degli
avventori delle discoteche, alla sequenza reversibile tra camera da letto, bagno,
cucina, strada, biglietteria e pista da ballo attraversata, almeno una volta,
da chiunque abbia mai frequentato un locale predisposto a contenere i clienti
fino alle ore piccole della notte. Sia nel primo, sia nel secondo CD della raccolta,
a ottenere un'esposizione privilegiata sono gli episodi più rari e curiosi, e
nondimeno significativi, della discografia della cantante.
Nel disco numero
1, accanto ai brani tratti dai quattro lavori usciti dal 1982 al 2012 (con predilezione
personale per la fragilità e frugalità dalle vecchie ballate folk, per esempio
Small Town Girl e Plain
Sailing, ma anche per il minimalismo classicheggiante di Oh, The
Divorces!, il pop gioioso di Hormones e la serenata straziante di By
Piccadilly Station I Sat Down And Wept), troviamo Goodbye
Joe, cover dei compagni di scuderia Monochrome Set un tempo disponibile
su Pillows & Prayers (raccolta del 1982 su artisti affiliati alla Cherry Red),
e The Paris Match, raffinatissimo esercizio
soul-jazz congegnato con gli Style Council di Café Bleu (1984), il blues per pianoforte
in downtempo dell'evocativa Overture, duetto tra la voce di Thorn e l'ugola
à la David Sylvian dell'ungherese Kristóf Hajós (cantante degli Unbending Trees:
il pezzo arriva dal loro Chemically Happy (Is The New Sad) [2008]), e la meravigliosa
versione bossanova, all'epoca uscita solo su 7", della Venceremos nel 1984
arrangiata in chiave di acid-jazz brasiliano dai Working Week di Simon Booth (Afro
Celt Sound System) e Alison Statton ricorrendo all'aiuto di Robert Wyatt e Claudia
Figueroa. Senza peraltro dimenticare diverse meraviglie negli anni sparpagliate
su di una sfilza interminabile di EP, dalla rivisitazione per voce e piano dei
Magnetic Fields di The Book Of Love a quella nello stesso formato, e monumentale,
riservata alla Kate Bush di Under The Ivy.
Nel disco numero 2 appaiono,
immancabili, i Massive Attack di Protection
e Better Things, altrettanti esempi di soul narcotico, sintetico e volteggiante
nei cieli grigi d'Inghilterra cui Thorn dona un irripetibile alone di fatalismo
jazzy, la splendida rilettura degli XX di Night Time
e quella oppiacea di King's Cross dei Pet Shop Boys, la glassa scintillante
della distesa Grand Canyon e il passo acquatico dell'intensa Swimming,
come in un viaggio della mente attraverso le radiazioni, gli specchi e i soffitti
di un club animato, dietro le finestre chiuse, dalla trasfigurazione dei sogni
e dalla duplicazione di infiniti rettangoli di luce. Solo: Songs And Collaborations
1982-2015 rappresenta il giusto omaggio, in forma di compendio, a una delle cantanti
più versatili e personali degli ultimi trent'anni: una di quelle (non sono tantissime)
che non si può fare a meno di ascoltare, di nuovo ascoltare e ancora ascoltare.