Secondo Blaise
Pascal, la Storia - quella con la "s" maiuscola - sarebbe
stata diversa "se". Se, per esempio e per restare ai giorni
(quasi) nostri, le tele mediocri di Adolf Hitler avessero
registrato un qualche successo, o se Aldo Moro fosse stato
liberato dalla sua prigionia. La Storia, dicono gli storici,
non si fa con i se. Tuttavia, è compito dei filosofi interrogarsi
sulla natura nascosta di questa formidabile congiunzione,
mentre spetta magari a qualche romanziere spingersi oltre,
come fa lo spagnolo Javier Marías, e dire che qualcosa
può anche succedere per il semplice fatto di "essere letto"
o, nel nostro caso, ascoltato. La Storia e il Romanzo,
difatti, sono appunto storie (stavolta con la "s" minuscola),
cioè narrazioni. Marías proclama la veridicità ermeneutica
del suo ragionamento ricorrendo al caso tipico di Sherlock
Holmes, più famoso, quindi in un certo senso più vero,
della Regina Vittoria, sua contemporanea, malgrado si
tratti di un personaggio di fantasia: " (...) Sherlock
Holmes è successo in misura più ampia che non la Regina
Vittoria perché continua ancora a succedere ininterrottamente,
come fosse un rito" (Domani Nella Battaglia Pensa A Me,
1994 [da noi per i tipi di Einaudi, quattro anni dopo;
la citazione si trova a pag. 279]). "Narrare" significa,
in prospettiva terapeutica, restituire alla vita la sua
storia, ma anche riportare alla luce la memoria offuscata
degli eventi.
Da questo punto di vista, si può dire non esista, nel
dna di una nazione giovane e così eterogenea sotto il
profilo etnico, culturale e religioso come l'America,
forma di narrazione più efficace delle canzoni. Prima
dei libri, dei saggi o delle riflessioni sociologiche,
la storia degli Stati Uniti d'America, rappresentata attraverso
il racconto dei suoi miti fondativi e dei suoi fatti di
sangue (spesso coincidenti), è stata affidata alle canzoni
e alla loro pubblica diffusione. E sebbene l'idea di una
trasmissione orale degli archetipi culturali di una nazione
non appartenga in esclusiva agli americani, costoro ne
hanno di sicuro fatto un uso diverso da quello di tutti
gli altri, fino a tramutare la testimonianza differita
degli eventi storici o dei fatti di cronaca in un genere
autonomo e riconoscibile, sopravvissuto fino ai giorni
nostri nelle forme più disparate (basti pensare al carattere
cronachìstico di tanti brani ascrivibili al perimetro
del rap e dell'hip-hop).
L'etichetta Folkways identifica, dal 1987, la divisione
discografica (e non-profit) del museo Smithsonian
di Washington DC, il più grande istituto americano dedicato
alla riscoperta e alla preservazione del patrimonio culturale
e artistico degli States. Gli album pubblicati dalla Folkways
vengono di solito visti come operazioni più interessanti
per etnomusicologi e antropologi che per gli ascoltatori
comuni, ma si tratta di un pregiudizio spesso infondato,
nonché derivante da una concezione sbagliata (e nociva)
delle tracce del passato come medaglioni da spolverare
ogni tanto, al limite da osservare da lontano, ma da non
frequentare né approfondire. Al contrario, tutte le raccolte
licenziate nella collana "Classic", quanto mai variegata
(com'è la stessa radice popolare della demografia statunitense)
serie di brani storici e radunati per temi (dal "blues
degli Appalachi" alla "musica delle montagne", dalle "canzoni
della ferrovia" al "gospel del sud" e ai "canti di mare")
da qualche anno proposta dalla Folkways anche in economico
formato liquido (tramite la piattaforma digitale citata
sopra la recensione), mettono in parallelo interesse accademico
e piacevolezza della ricezione.
L'ultimo
Classic American Ballads, tuttavia, rappresenta
un capitolo piuttosto particolare persino all'interno
di una simile collezione di suoni talvolta anche diversissimi
tra loro. Questo perché la traduzione americana della
ballata, derivata dai componimenti in lingua romanza tanto
popolari (soprattutto in Irlanda e Inghilterra) nel corso
dell'Ottocento, divenne fin da subito occasione per esporre
ogni genere di Storia e di storie - le confessioni di
un'anima o i cambiamenti del mondo - in seno al "mondo
nuovo", sovente ricorrendo a un registro in cui la strada
volutamente ingannevole delle piccole "storie" conteneva,
nascosto nei dettagli, il divenire imprevedibile e precipitoso
della "Storia". Ecco, quindi, che Classic American Ballads
racconta di disastri navali, fuorilegge sanguinari, fuggitivi,
pistoleri, massacri familiari (occhio all'agghiacciante
The Death Of The Lawson Family
del bajoista virginiano Glen Neaves), linciaggi
e incidenti ferroviari in un trionfo di hillbilly e particolari
cruenti più surreale, violento e schizofrenico (al tempo
stesso di miracolosa efficacia "giornalistica") rispetto
a qualsiasi film di Quentin Tarantino possiate immaginare.
Bill Monroe e Doc Watson impiegano soavi accenti bluegrass
per dipingere la storia dell'amante respinto e per questo
omicida di Banks Of The Ohio,
Annie Watson canta a cappella (come fosse uno spiritual)
il tragico deragliamento di un treno alla base di una
The F.F.V. (Engine 143) a suo tempo interpretata
anche da Carter Family e Johnny Cash, il violino celtico
di Doug Wallin tratteggia la vicenda di Naomi Wise, un'orfana
assassinata dal suo pretendente, e la sei corde gentile
di Bruce Buckley quella efferata di Pearl Buckley, ventiduenne
decapitata nel Kentucky di fine secolo. Pete Seeger, col
suo folk dal temperamento urbano, appare due volte, prima
cantando di una ragazza annegata (Blue
Mountain Lake), poi di una addirittura congelata
(!) durante un giro in slitta (Young Charlotte,
nota anche come Fair Charlotte); e ci sono pure il pistolero
ribelle Billy The Kid
(nella parafrasi polverosa e malinconica di Woody Guthrie),
l'esploratore Floyd Collins morto d'inedia intrappolato
in una caverna (nella divulgazione folkie e quasi alla
Donovan di Paul Clayton) e il barista che spara a un poliziotto
di Duncan And Brady
(nell'incalzante ruggito vocale di Leadbelly).
Certo, tutte queste canzoni non sostituiscono una ricerca
storica sulle origini degli Stati Uniti, rispetto alla
quale potrebbero però costituire un valido apparato di
riferimenti, ma dicono parecchio sulla faticosa costruzione
di un immaginario, naturalmente esemplificativo e pedagogico,
da parte dei suoi primi abitanti. E oltre a essere molto
divertenti da ascoltare (avete letto bene), e talvolta
bellissime, risultano a dir poco indispensabili per comprendere
meglio la persistenza di certi motivi ricorrenti - l'individualista
anarchico, la donna anticonformista e perciò soffocata,
lo sforzo della collettività contro la natura - all'interno
della tradizione letteraria, musicale e perché no cinematografica
degli Stati Uniti, forse meno puritani di un tempo e nondimeno
ancora in parte succubi di una concezione dove ogni peccato
di hýbris - la "colpa d'orgoglio delle tragedie greche
- viene contemporaneamente promosso e alla fine punito
con la morte. Non fatevi spaventare dall'anzianità del
materiale qui contenuto: i 25 brani di Classic American
Ballads delineano il perimetro di quella che Walter
Benjamin avrebbe definito un'"immagine dialettica", una
figura del tempo in grado di illuminare meglio anche l'attualità
e portarci, quindi, a capire e metabolizzare sia il presente
sia il passato, entrambi resi più intensi, chiari e vivi
nel nostro esistere e pensare.
La
scaletta: 1. Banks of the Ohio - Doc Watson & Bill Monroe // 2. Blue
Mountain Lake - Pete Seeger // 3. Claude Allen - Hobart Smith // 4.
Cole Younger- Dock Boggs // 5. Cowboy s Lament- Buck Ramsey // 6.
Boll Weevil - Sam Hinton // 7. Duncan and Brady - Leady Belly //
8. Floyd Collins - Paul Clayton // 9. Frankie and Johnny- Rolf Cahn
& Eric Von Schmidt // 10. John Henry - John Jackson // 11. Jesse James
- Various Artists // 12. Billy the Kid - Woody Guthrie // 13. The
Death of the Lawson Family - Glen Neaves // 14. Naomi Wise - Doug Wallin
// 15. Pearl Bryan - Bruce Buckley // 16. Sam Bass - Hermes Nye
// 17. Springfield Mountain - Bascom Lamar Lunsford // 18. Tom Dooley
- Various Artists // 19. Tying a Knot in the Devil s Tail - Cisco Houston
// 20. Young Charlotte - Pete Seeger // 21. Wasn t that a Mighty Storm?
- the Tex-I -An Boys // 22. Zebra Dun - Joan O Bryant // 23. The
Titanic - Pink Anderson // 24. The Louisville Burglar - Iron Mountain
String Band // 25. The F.F.V - Annie Watson