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Autori Vari
Classic American Ballads
[Smithsonian Folkways 2015]

www.folkways.si.edu

File Under: Birth of a nation

di Gianfranco Callieri (04/05/2015)

Secondo Blaise Pascal, la Storia - quella con la "s" maiuscola - sarebbe stata diversa "se". Se, per esempio e per restare ai giorni (quasi) nostri, le tele mediocri di Adolf Hitler avessero registrato un qualche successo, o se Aldo Moro fosse stato liberato dalla sua prigionia. La Storia, dicono gli storici, non si fa con i se. Tuttavia, è compito dei filosofi interrogarsi sulla natura nascosta di questa formidabile congiunzione, mentre spetta magari a qualche romanziere spingersi oltre, come fa lo spagnolo Javier Marías, e dire che qualcosa può anche succedere per il semplice fatto di "essere letto" o, nel nostro caso, ascoltato. La Storia e il Romanzo, difatti, sono appunto storie (stavolta con la "s" minuscola), cioè narrazioni. Marías proclama la veridicità ermeneutica del suo ragionamento ricorrendo al caso tipico di Sherlock Holmes, più famoso, quindi in un certo senso più vero, della Regina Vittoria, sua contemporanea, malgrado si tratti di un personaggio di fantasia: " (...) Sherlock Holmes è successo in misura più ampia che non la Regina Vittoria perché continua ancora a succedere ininterrottamente, come fosse un rito" (Domani Nella Battaglia Pensa A Me, 1994 [da noi per i tipi di Einaudi, quattro anni dopo; la citazione si trova a pag. 279]). "Narrare" significa, in prospettiva terapeutica, restituire alla vita la sua storia, ma anche riportare alla luce la memoria offuscata degli eventi.

Da questo punto di vista, si può dire non esista, nel dna di una nazione giovane e così eterogenea sotto il profilo etnico, culturale e religioso come l'America, forma di narrazione più efficace delle canzoni. Prima dei libri, dei saggi o delle riflessioni sociologiche, la storia degli Stati Uniti d'America, rappresentata attraverso il racconto dei suoi miti fondativi e dei suoi fatti di sangue (spesso coincidenti), è stata affidata alle canzoni e alla loro pubblica diffusione. E sebbene l'idea di una trasmissione orale degli archetipi culturali di una nazione non appartenga in esclusiva agli americani, costoro ne hanno di sicuro fatto un uso diverso da quello di tutti gli altri, fino a tramutare la testimonianza differita degli eventi storici o dei fatti di cronaca in un genere autonomo e riconoscibile, sopravvissuto fino ai giorni nostri nelle forme più disparate (basti pensare al carattere cronachìstico di tanti brani ascrivibili al perimetro del rap e dell'hip-hop).

L'etichetta Folkways identifica, dal 1987, la divisione discografica (e non-profit) del museo Smithsonian di Washington DC, il più grande istituto americano dedicato alla riscoperta e alla preservazione del patrimonio culturale e artistico degli States. Gli album pubblicati dalla Folkways vengono di solito visti come operazioni più interessanti per etnomusicologi e antropologi che per gli ascoltatori comuni, ma si tratta di un pregiudizio spesso infondato, nonché derivante da una concezione sbagliata (e nociva) delle tracce del passato come medaglioni da spolverare ogni tanto, al limite da osservare da lontano, ma da non frequentare né approfondire. Al contrario, tutte le raccolte licenziate nella collana "Classic", quanto mai variegata (com'è la stessa radice popolare della demografia statunitense) serie di brani storici e radunati per temi (dal "blues degli Appalachi" alla "musica delle montagne", dalle "canzoni della ferrovia" al "gospel del sud" e ai "canti di mare") da qualche anno proposta dalla Folkways anche in economico formato liquido (tramite la piattaforma digitale citata sopra la recensione), mettono in parallelo interesse accademico e piacevolezza della ricezione.

L'ultimo Classic American Ballads, tuttavia, rappresenta un capitolo piuttosto particolare persino all'interno di una simile collezione di suoni talvolta anche diversissimi tra loro. Questo perché la traduzione americana della ballata, derivata dai componimenti in lingua romanza tanto popolari (soprattutto in Irlanda e Inghilterra) nel corso dell'Ottocento, divenne fin da subito occasione per esporre ogni genere di Storia e di storie - le confessioni di un'anima o i cambiamenti del mondo - in seno al "mondo nuovo", sovente ricorrendo a un registro in cui la strada volutamente ingannevole delle piccole "storie" conteneva, nascosto nei dettagli, il divenire imprevedibile e precipitoso della "Storia". Ecco, quindi, che Classic American Ballads racconta di disastri navali, fuorilegge sanguinari, fuggitivi, pistoleri, massacri familiari (occhio all'agghiacciante The Death Of The Lawson Family del bajoista virginiano Glen Neaves), linciaggi e incidenti ferroviari in un trionfo di hillbilly e particolari cruenti più surreale, violento e schizofrenico (al tempo stesso di miracolosa efficacia "giornalistica") rispetto a qualsiasi film di Quentin Tarantino possiate immaginare.

Bill Monroe e Doc Watson impiegano soavi accenti bluegrass per dipingere la storia dell'amante respinto e per questo omicida di Banks Of The Ohio, Annie Watson canta a cappella (come fosse uno spiritual) il tragico deragliamento di un treno alla base di una The F.F.V. (Engine 143) a suo tempo interpretata anche da Carter Family e Johnny Cash, il violino celtico di Doug Wallin tratteggia la vicenda di Naomi Wise, un'orfana assassinata dal suo pretendente, e la sei corde gentile di Bruce Buckley quella efferata di Pearl Buckley, ventiduenne decapitata nel Kentucky di fine secolo. Pete Seeger, col suo folk dal temperamento urbano, appare due volte, prima cantando di una ragazza annegata (Blue Mountain Lake), poi di una addirittura congelata (!) durante un giro in slitta (Young Charlotte, nota anche come Fair Charlotte); e ci sono pure il pistolero ribelle Billy The Kid (nella parafrasi polverosa e malinconica di Woody Guthrie), l'esploratore Floyd Collins morto d'inedia intrappolato in una caverna (nella divulgazione folkie e quasi alla Donovan di Paul Clayton) e il barista che spara a un poliziotto di Duncan And Brady (nell'incalzante ruggito vocale di Leadbelly).

Certo, tutte queste canzoni non sostituiscono una ricerca storica sulle origini degli Stati Uniti, rispetto alla quale potrebbero però costituire un valido apparato di riferimenti, ma dicono parecchio sulla faticosa costruzione di un immaginario, naturalmente esemplificativo e pedagogico, da parte dei suoi primi abitanti. E oltre a essere molto divertenti da ascoltare (avete letto bene), e talvolta bellissime, risultano a dir poco indispensabili per comprendere meglio la persistenza di certi motivi ricorrenti - l'individualista anarchico, la donna anticonformista e perciò soffocata, lo sforzo della collettività contro la natura - all'interno della tradizione letteraria, musicale e perché no cinematografica degli Stati Uniti, forse meno puritani di un tempo e nondimeno ancora in parte succubi di una concezione dove ogni peccato di hýbris - la "colpa d'orgoglio delle tragedie greche - viene contemporaneamente promosso e alla fine punito con la morte. Non fatevi spaventare dall'anzianità del materiale qui contenuto: i 25 brani di Classic American Ballads delineano il perimetro di quella che Walter Benjamin avrebbe definito un'"immagine dialettica", una figura del tempo in grado di illuminare meglio anche l'attualità e portarci, quindi, a capire e metabolizzare sia il presente sia il passato, entrambi resi più intensi, chiari e vivi nel nostro esistere e pensare.

La scaletta:
1. Banks of the Ohio - Doc Watson & Bill Monroe // 2. Blue Mountain Lake - Pete Seeger // 3. Claude Allen - Hobart Smith // 4. Cole Younger- Dock Boggs // 5. Cowboy s Lament- Buck Ramsey // 6. Boll Weevil - Sam Hinton // 7. Duncan and Brady - Leady Belly // 8. Floyd Collins - Paul Clayton // 9. Frankie and Johnny- Rolf Cahn & Eric Von Schmidt // 10. John Henry - John Jackson // 11. Jesse James - Various Artists // 12. Billy the Kid - Woody Guthrie // 13. The Death of the Lawson Family - Glen Neaves // 14. Naomi Wise - Doug Wallin // 15. Pearl Bryan - Bruce Buckley // 16. Sam Bass - Hermes Nye // 17. Springfield Mountain - Bascom Lamar Lunsford // 18. Tom Dooley - Various Artists // 19. Tying a Knot in the Devil s Tail - Cisco Houston // 20. Young Charlotte - Pete Seeger // 21. Wasn t that a Mighty Storm? - the Tex-I -An Boys // 22. Zebra Dun - Joan O Bryant // 23. The Titanic - Pink Anderson // 24. The Louisville Burglar - Iron Mountain String Band // 25. The F.F.V - Annie Watson


    



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