![]() ![]() |
[Home] | |
[Folklore] | ||
|
Tweet |
Sbocciati sotto
il grande cielo nero losangelino degli anni ’80 gli X,
formatisi a fine anni ’70, sono una delle più grandi band
che il punk californiano abbia espresso (insieme a Flesh Eaters,
Germs, Fear), con un pugno di eccellenti album incisi nella
prima metà di quel decennio già entrati nella storia. Di quel
più che irrequieto movimento poi dissoltosi come neve al sole
misero a nudo l’urgenza e il ribellismo musicali e sociali,
saldandoli a un grande lirismo espressivo ed esistenziale.
Due dischi usciti per l’etichetta Slash Records, l’etichetta
per eccellenza punk californiana, “Los Angeles” (1980) e “Wild
Gift” (1981), prodotti dall’ex tastierista dei Doors Ray Manzarek
(che ci suonava anche dentro), contenenti brani memorabili
come Unheard Music, Nausea, In This House
That I Called Home, We’re Desperate, Beyond
and Black, Adult Books. Due leader: il dinoccolato
bassista John Doe, la minuta cantante e poetessa Exene Cervenka,
che singolarmente o affiancandosi vocalmente (a mò di novelli
Kantner/Slick del punk californiano) infondono calore e anima
ribelli a questi imperdibili documenti sonori di un’epoca
indimenticabile. Ma anche due comprimari di prima scelta:
il batterista D.J. Bonebrake e il chitarrista Billy Zoom che
iniettano costantemente nella musica degli X una robusta dose
di energia rock’n’roll e rockabilly. L’orgogliosa e fiera band, mai doma, ristampa (anche su vinile) rimasterizzati i suoi primi quattro lavori su Fat Possum Records nei primi mesi del 2019, e davvero a sorpresa annuncia ora l’uscita - al momento solo in digitale, cd e vinile da fine agosto - di nuovo materiale inciso in studio in un periodo così delicato come quello della pandemia, a trentacinque anni di distanza dall’ultimo (Ain’t Love Grand, 1985) e in parallelo con l’anniversario di quaranta anni dall’uscita del seminale primo album Los Angeles. Ugualmente sorpresi si rimane all’ascolto di questo nuovo Alphabetland che testimonia con la medesima line-up di sempre di una band che perentoriamente non vuole morire, riproponendo la sua miracolosamente intatta e febbrile energia punk (Delta 88 Nightmare, Alphabetland, I Gotta Fever, Star Chambered, Angel On The Road, Goodbye Year, Goodbye) e rockabilly (Water & Wine, Strange Life, Free). L’approccio esecutivo sbalordisce per l’assoluta fedeltà ai canoni e dettami artistici primissimi anni ’80: che abbiano stretto, per adoperare una metafora più che scontata, un patto con il diavolo (del rock’n’roll in questo caso)? Solo All The Time In The World è Exene Cervenka in un solitario lento spoken word jazz-blues, accompagnata da un piano vagabondo e una chitarra che sussurra. Cyrano DeBerger’s Back infine, firmata John Doe, è traccia (già edita) affogata in salsa funk, vibrante come sempre è stata la vena autoriale di un valoroso artista ormai dai capelli bianchi non più così radi.
|