Ci sono tanti modi di sognare l'America e tante sono le strade
che portano a quei suoni che ci hanno fatto crescere. Da anni ormai la Club de
Musique ci regala un pezzo di quell'America marginale di cui andiamo sempre parlando.
E' un gesto coraggioso quello di avere rotto gli argini con la propria tradizione,
provando a compiere un percorso inverso, scovando tra le canzoni del giovane cantautore
toscano Stefano Barotti un ponte gettato tra la canzone d'autore italiana
e il rock'n'roll d'oltreoceano. Un azzardo riuscito a giudicare dal calore di
queste incisioni: Uomini in Costruzione si tradisce in qualche modo
da solo, perchè fa emergere un autore tutt'altro che da costruire, un musicista
che sembra possedere maturità e padronanza dei suoi mezzi espressivi. Canta
dall'età di sedici anni Stefano ed ora che ha superato la trentina può
ben dirsi pronto al grande passo. Il mistero è racchiuso in una produzione
che ha saputo sfruttare un gioco di squadra perfetto: chiamando in aiuto il gioiello
di famiglia Club de Musique, quell'anima soul in sembianze da rocker che si chiama
Jono Manson, i risultati non si sono fatti attendere. Registrato tra Sarzana,
La Spezia e Santa Fe, New Mexico, tra marzo e novembre del 2002, l'esordio di
Stefano Barotti ha colto nel segno, scovando la sua idea di America tra i suoni
delle chitarre dello stesso Jono Manson, Kevin Trainor, Paolo Bonfanti
e Marco Kaserer, tra i mandolini, la pedal steel e le fisarmoniche di John
Egenes, nella sezione ritmica di Steve Lindsay e Mark Clark.
Fin qui il frutto di un lavoro intelligente sugli arrangiamenti, che ha reso Uomini
in Costruzione un disco fuori dai soliti schemi del cantautorato italiano, ma
il resto è rimesso nelle mani di Stefano, che evidenzia uno spiccato senso
della melodia tutto mediterraneo, figlio soprattutto di musicisti come Fossati
e De Andrè. Se episodi come Compositore di Canzoni, Beatrice
o la riflessiva Tornare a Scriver di Notte sono quelli che mantengono un
legame più stretto con la tradizione di casa nostra, tra le pieghe dell'iniziale
Lo Spaventapasseri o nella solare filastrocca di Lilli a il Lupo
si insinuano atmosfere collocate esattamente a metà strada tra la classica
ballata folk-rock americana e i profumi della terra toscana, così vivamente
tratteggiata da Stefano nelle sue canzoni nostalgiche e spesso autobiografiche.
Insieme alla solida ballata rock Il Legno e le Corde, all'eleganza country
di Scarpette Rosse (in cui spunta persino una pedal steel) e ai mandolini
che fanno tanto roots in Forte dei Marmi, sono la testimonianza più
vera di questo felice incontro tra scritture e linguaggi musicali apparentemente
così distanti. (Fabio Cerbone) www.stefanobarotti.com
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